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16ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

  • Immagine del redattore: don Luigi
    don Luigi
  • 18 lug
  • Tempo di lettura: 10 min

Dal Vangelo secondo Luca (10, 38-42)

 

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

 

L’episodio narrato nel brano Evangelico di oggi è riferito soltanto dall’evangelista Luca, il quale lo colloca in un villaggio del quale non ci dice il nome, ma noi sappiamo che si tratta di Betania perché ci parla di una famiglia a noi ben nota, quella di Marta, Maria, Lazzaro. Dove si trova Betania? Sul versante orientale del Monte degli Olivi. Oggi, ha più di 20.000 abitanti.

Sulla cima del Monte degli Olivi c’è un campanile che è alto 61 mt., appartiene alla Chiesa ortodossa russa dell’Ascensione, è lì che gli ortodossi celebrano l’Ascensione di Gesù. Da quella cima si può contemplare un panorama mozzafiato, verso Sud si vede il mar Morto, l’Herodion, Betlemme, Ebron; verso Nord lo sguardo può contemplare il deserto della Giudea fino su in Samaria. Erode si era fatto costruire una torre nella parte più alta della città di Gerusalemme, da dove lui poteva contemplare tutta la città: il Monte degli Olivi, la spianata del Tempio con al centro il Santuario.

Perché ho insistito su quel Monte degli Olivi? Perché così avete l’idea di che cammino Gesù doveva fare quando, come ci dice l’evangelista Marco quando ci parla dell’ultima settimana trascorsa da Gesù a Gerusalemme; dice che Lui, “di notte andava a riposare a Betania, al mattino partiva da Betania, saliva sul Monte degli Olivi e poi trascorreva tutta la sua giornata nel tempio di Gerusalemme insegnando”, poi c’erano discussioni con scribi e con farisei. Avete quindi l’idea del viaggio che Lui doveva fare ogni giorno per andare da Betania a Gerusalemme.

La Betania del tempo di Gesù era molto diversa da quella che voi potete vedere oggi. Lì sono stati fatti degli scavi e hanno trovato grotte che erano state abitate, cisterne, cantine, forni, magazzini, giare per granaglie, lucerne soprattutto, tante. Vediamo adesso, che cosa è capitato un giorno in questo villaggio di Betania.

Sentiamo: Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse in casa. Il racconto inizia facendo riferimento al cammino che Gesù ha intrapreso insieme con i suoi discepoli. Ricordiamo che quando era ancora a Cafarnao, aveva preso la ferma decisione di dirigersi verso Gerusalemme, era passato attraverso la Samaria, dove era stato scacciato, e adesso giunge in un villaggio dove una donna, Marta, lo accoglie in casa sua.

Notiamo cosa ci dice Luca: “Gesù entrò nella casa di Marta”. Dove sono andati a finire i discepoli? Sono scomparsi, loro non entrano nella casa di Marta, soltanto Gesù. Per quale ragione? Questa famiglia, nel Vangelo secondo Luca e nel Vangelo secondo Giovanni, assume significato simbolico. Osserviamo da chi è composta: non ci sono padri, madri, mariti, mogli, nonni, figli, no, è una famiglia composta soltanto da sorelle e fratelli; è l’immagine della comunità dei discepoli che accoglie Gesù e il suo Vangelo. Ecco la ragione per cui discepoli non entrano nella casa di Marta, sono loro questa famiglia che è chiamata ad accogliere Gesù quando arriva.

Ed è Marta che accoglie Gesù… non si parla di Lazzaro, di lui ne parla l’evangelista Giovanni. Normalmente era l’uomo, il padrone di casa che accoglieva l’ospite e quando questo arrivava allora lui si sedeva con l’ospite, le donne dovevano rimanere all’interno, in cucina, non potevano farsi vedere. In questa casa i ruoli sono capovolti: la padrona è una donna, Marta, e chi si intrattiene con l’ospite è un’altra donna, Maria. Qui cogliamo un messaggio importante: dove viene accolto Gesù, dove giunge il Vangelo, tutti i pregiudizi e le discriminazioni fra uomo e donna, che sono retaggi di una cultura, di una eredità pagane, sono denunciati e superati.

Poi è posto in causa non solo il superamento dei ruoli e la sudditanza della donna, c’è un comportamento rivoluzionario di Gesù; in quel tempo era ritenuto sommamente sconveniente per un uomo, accettare l’ospitalità offertagli da donne. Gesù non si lascia condizionare dalle tradizioni, è un uomo libero! Il rapporto con la donna, Lui che è così esigente nella purezza di cuore quando dice: “Chi guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio”. Lui così esigente, è libero nel rapporto esterno con la donna, perché Lui ha il cuore puro.

Poi c’è un messaggio ancora più importante che costituisce il tema centrale del brano: Gesù è Dio che chiede di essere accolto! Il nostro Dio ha bisogno di entrare nel cuore di ognuno di noi, nella nostra casa. Noi abbiamo imparato a considerare Dio un po’ come un re seduto sul trono al quale, prostrandosi, si deve ricorrere per avere qualche favore e poi, guai farlo arrabbiare perché diventa severo. Il nostro Dio è molto umano e tenero, noi lo vediamo in Gesù ed è un Dio che cerca la nostra compagnia, che ha bisogno di essere ascoltato.

Gesù si trova a Gerusalemme e lì l’ambiente gli è molto ostile, gli tendono tranelli, insidie perché lo vogliono accusare, togliere di mezzo. In questo ambiente, quando Gesù arriva a sera, sente il bisogno di trovare un contesto familiare in cui sentirsi accolto, capito da chi condivide le sue scelte coraggiose, cerca una casa dove può anche sfogare i suoi crucci. Il nostro Dio è così, ha bisogno dell’affetto, del calore umano, cerca la nostra amicizia, nessun Dio è come quel Dio che noi vediamo nella perfetta sua immagine che è Gesù di Nazareth.

Al capitolo terzo del libro dell’Apocalisse, noi abbiamo un celebre testo di una lettera che il Risorto scrive alla comunità di Laudicea, dice: “Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed è lì con me!” È Dio che bussa alla porta, una voce che non si impone con la forza, ma che fa una proposta d’amore. È l’innamorato che vuole conquistare il cuore della persona amata e questa persona amata potrebbe anche tenerlo fuori dalla sua casa, perché l’innamorato fa la sua proposta di amore, ma lascia sempre liberi di accoglierlo.

E adesso entra in scena Maria, sentiamo: Marta aveva una sorella, di nome Maria, la quale, stando seduta accanto, presso i piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Come mai l’evangelista Luca rileva la posizione assunta da Maria: “stava seduta ai piedi del Maestro”. Nella casa palestinese non c’erano le seggiole, c’erano le stuoie quindi, tutti quanti, si dovevano mettere per terra. Questa non è un’annotazione banale, si tratta di un’espressione tecnica che ha un valore ben preciso: stare seduti ai piedi di un maestro significava essere accolti fra i discepoli, era applicata questa espressione a chi partecipava ufficialmente e regolarmente alle lezioni di un rabbino.

Negli Atti degli Apostoli, per esempio, Paolo ricorda con orgoglio: “Io sono stato seduto ai piedi del grande rabbino Gamaliele”. Questa espressione, apparentemente affettuosa, devota, di Maria che sta seduta ai piedi di Gesù, costituisce una assoluta novità… nessun maestro avrebbe mai accettato una donna fra i suoi discepoli!

Dicevano i rabbini: “È meglio bruciare la Bibbia che metterla in mano a una donna”; e anche: “Le donne non osino pronunciare la benedizione prima dei pasti”; e poi ancora: “Se una donna va alla sinagoga, stia nascosta non compaia in pubblico!”. Questa mentalità era così diffusa che si è infiltrata anche nelle prime comunità cristiane, a Corinto per esempio, Paolo dà ordine che “le donne devono tacere nelle assemblee perché non è loro permesso di parlare, se vogliono imparare qualcosa devono interrogare a casa i loro mariti perché è sconveniente per una donna parlare durante l’incontro comunitario”.

Prestiamo attenzione allora, al messaggio che l’Evangelista ci vuole dare… è seduta ai piedi di Gesù Maria, non per chiacchierare, per parlare di banalità, ma per ascoltare la Parola. È l’immagine del discepolo che si pone devotamente in ascolto del Vangelo, in ascolto del Maestro. Adesso Luca mette in scena Marta che non capisce la scelta della sorella, vorrebbe che lasciasse perdere questo ascolto, che le pare un po’ una perdita di tempo, e si impegni invece subito in qualche servizio.

Sentiamo: Marta invece era distratta in giro riguardo al molto servizio. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Luca non ci sta raccontando un banale bisticcio fra sorelle, uno di quei tanti bisticci ai quali assistiamo anche noi nelle nostre famiglie. Chi rappresenta Marta? Rappresenta quei membri della comunità cristiana di oggi che, proprio come Marta, vogliono bene a Gesù, lo accolgono nella loro casa, cioè nella loro vita, sono battezzati, cresimati, vanno in chiesa, ma poi, per loro l’ascolto della Parola passa in secondo piano, lo ritengono insomma, un qualcosa di secondario rispetto all’agire, al fare, all’impegno nel lavoro, l’efficienza, la produzione, questo è l’importante e l’ascolto è qualcosa che può essere lasciato da parte.

Eccolo il comportamento pericoloso dal quale vuole mettere in guardia i discepoli. Vuole che si rendano conto che l’attività che non nasce dall’ascolto della Parola e che non è continuamente alimentata da questo ascolto, si trasforma facilmente in agitazione, in stress e finisce poi per assorbire tutte le energie, tutto l’interesse fino a far perdere di vista l’obiettivo, il senso di tutto ciò che si fa nella vita.

Pensiamo a quanti cristiani, che hanno successo nella loro professione, appena svegli, cominciano ad agitarsi con un’agenda fittissima di impegni, corrono tutto il giorno e arrivano a sera sfiniti, senza aver avuto un minuto di tempo per riflettere, per chiedersi se ciò che stanno facendo è in sintonia o no con il disegno del Signore sulla loro vita.

Nella reazione di Marta noi cogliamo il risultato di questo fare, che non è preceduto dall’ascolto della Parola, era distratta in giro, sballottata qua e là dai molti servizi, e che cosa fa? Il termine greco non è fattasi avanti, è “fattasi sopra”, è arrabbiatissima. Eccola la persona che non ha ascoltato la Parola, che è totalmente presa dall’agire, non ha più tempo neanche per respirare. Qual è il risultato? Non è soddisfatta, non è serena, nella sua reazione, noi cogliamo il segno di un lavoro impostato male, non guidato dall’ascolto. Qual è il risultato? L’arrabbiatura, il litigio, l’irrequietezza. Marta se la prende con tutti, anche con l’ospite che non c’entra.

Sentiamo adesso cosa le risponde Gesù: Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti turbi per molte cose, ora di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte buona, che non le sarà tolta». Marta, Marta” Come mai viene ripetuto il nome? È il modo con cui spesso, nella Bibbia, viene presentata la vocazione di una persona… Samuele, Samuele; Mosè, Mosè; Saulo, Saulo. Marta qui è chiamata a diventare discepola, è buona Marta, si dà da fare, ma non è ancora discepola; per diventarla, deve capire che deve mettere al primo posto, prima del lavoro, l’ascolto della Parola del Maestro che deve guidare poi tutta la sua attività.

La conseguenza del non ascolto di questa Parola: “Marta, tu ti affanni e ti agiti”. Il verbo affannarsi descrive la divisione che avviene nel cuore dell’uomo quando è attratto tra due obiettivi, tra scelte opposte; Marta è sballottata un po’ qua e un po’ là. E poi “si agita” il verbo significa: “Marta tu metti piedi solo una gran confusione per cui non riesci nemmeno a godere delle cose belle che stai facendo, non hai tempo per fermarti e gustare la vita, l’incontro con i fratelli”.

Vedete, non è il lavoro, gli impegni in favore degli altri che allontanano da Dio, è l’alienazione in questo lavoro, è il perdere la testa, non avere un attimo di respiro e di tempo per pensare ad altro. E questo disumanizza, fa trascurare ciò che è essenziale. “Di una sola cosa c’è bisogno. Maria ha scelto l’eredità buona, questa non le sarà tolta”. Cos’è questa opposizione fra le troppe cose e l’unica che è necessaria? Alcune traduzioni dicono “Maria ha scelto la parte migliore” … non c’è migliore, ha scelto la parte buona.

Papa Gregorio Magno, nel VI secolo, ha distinto fra 3 gradi di santità:

·       quella dei laici, la più bassa;

·       sopra un gradino più alto c’è la santità dei preti;

·       poi la più elevata della santità, quella dei monaci, perché vivono in contemplazione.

Cos’è la parte buona scelta da Maria? Il richiamo, parte è l’eredità, il richiamo è al Salmo 16 che è stato composto da un sacerdote della tribù di Levi. I Leviti, quando era stata spartita la terra di Canaan dopo la conquista, non avevano ricevuto in eredità un territorio specifico, ma soltanto la città dove potevano risiedere. Ciò che avevano ereditato e ciò che avrebbero poi lasciato in eredità, era il servizio nel Santuario. Questa è l’eredità magnifica… stare sempre con il Signore! È questa l’eredità che ha scelto Maria, ascoltando la Parola, lei vive tutta la sua vita in sintonia con il Maestro.

Il grande problema dell’uomo di oggi è proprio la trascuratezza di questa parte buona, di ciò che è necessario, di ciò che è essenziale. Accade anche nelle nostre parrocchie, lo possiamo verificare, ci sono preti, catechisti, cristiani, impegnati in tanti servizi: nel caritativo, nella catechesi… ma se questo lavoro non è preceduto dall’ascolto del Vangelo, si trasforma in affannosa ricerca del risultato e spesso diviene anche motivo di gelosie, litigi, ricerca di visibilità. Gesù non dice che Maria non deve lavorare, ma la parte buona, indispensabile che lei ha scelto, è l’ascolto della Parola che poi guida tutte le scelte.

Alle parole di Gesù non risponde più nessuno, il racconto, difatti, non sembra concluso, pare che Luca voglia proprio richiamare l’attenzione sul silenzio. Qui noi vediamo il silenzio di Maria durante tutto il racconto… lei non dice una parola, non si difende, non spiega la propria scelta, tace. E tutto porta a supporre che il suo silenzio, che è segno di meditazione, di interiorizzazione della Parola che ha ascoltato, questo silenzio si sia prolungato anche dopo. Non basta ascoltare il Vangelo, la Parola del Maestro, questa va meditata, assimilata e questo può avvenire soltanto nel silenzio. Marta, adesso, ha bisogno di sedersi ai piedi di Gesù per ascoltarlo, per ricuperare la calma, la serenità interiore, la pace.

Se vogliamo concludere questo racconto possiamo ricordare ciò che narra l’evangelista Giovanni al capitolo 12del suo Vangelo, dove presenta Maria che manifesta il risultato di questo ascolto della Parola del Maestro: lei che versa senza calcoli, il Nardo prezioso che è il simbolo dell’amore gratuito e dona questo Nardo a Gesù attraverso l’amore al fratello. Questo profumo d’amore, che è l’amore di Cristo, è un profumo firmato e, dice l’evangelista Giovanni, che “tutta la casa si è riempita di questo profumo”. È il profumo dell’amore che dovrebbero percepire subito tutti coloro che si accostano alle nostre comunità, quando queste comunità nel loro impegno, nel loro lavoro, fanno precedere tutto dall’ascolto della Parola.

 
 
 

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