top of page

19ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

  • Immagine del redattore: don Luigi
    don Luigi
  • 8 ago
  • Tempo di lettura: 12 min

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12, 32–48)

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.

Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!

Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».

Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.

Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

 

Oggi Gesù ci dice cosa dobbiamo fare, come dobbiamo gestire in modo intelligente e saggio i beni che abbiamo a disposizione. Sentiamo cosa ci suggerisce: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

Come mai introduce così la sua proposta? Perché lo sa che sta per suggerirci una scelta di vita che ci spaventa. Si trattasse di qualche pratica religiosa, il digiuno, qualche devozione, non ci sarebbe motivo di raccomandarci di non avere paura, ma qui si tratta di investire soldi, si tratta di beni, di cose molto concrete. Noi lo sappiamo che quando si compera o si vende si ha sempre paura di sbagliare, di venire imbrogliati, di lasciarci sfuggire che poi non torna o di avere rimpianti… “Avessi venduto al momento giusto… Avessi comprato…”

Non abbiate paura – dice Gesù – della proposta che sto per farvi!” A chi la fa? A un “piccolo gregge. Non la fa a tutti perché non la capirebbero, la fa a coloro che lo conoscono, che sono stati con Lui già per due anni, che gli hanno dato la loro adesione e che sanno che è una persona di cui ci si può fidare… è un piccolo gregge. Allora ci si insospettisce un po’… se siamo così pochi, noi stiamo più guardinghi, più titubanti quando si tratta di investire, perché vuol dire che l’affare è molto rischioso, difatti la maggioranza non vuole nemmeno sentirne parlare

E adesso, cosa c’è da comperare? “È piaciuto al Padre mettervi davanti il dono del regno”. Avete avuto la fortuna di incontrare un tesoro, il Vangelo, avete creduto nel mondo nuovo, siete entrati nel regno di Dio. A voi, pochi fortunati, io propongo un investimento dei beni che avete in mano, beni concreti… denaro, case, campi, la fortuna di aver potuto sviluppare tutte le vostre capacità. Che fare di tutti questi beni? “Vendete ciò che possedete”. Date retta a me, è il momento di vendere tutte le azioni perché si stanno svalutando ogni giorno, fidatevi.

E su che cosa puntare, su che cosa investire questi beni? Puntateli sull’elemosina. Non significa buttarli fuori dalla finestra e li prende il primo che capita! Significa mettere in modo intelligente a disposizione dei fratelli, i tesori di cui la vita ci ha beneficato, vanno investiti tutti per creare gioia, per creare vita. Hai cinque appartamenti sfitti? Mettili a disposizione di famiglie che ne hanno bisogno, che non hanno una casa, ti creeranno tanti grattacapi, tanti fastidi… mettili in conto, ma tu creerai gioia, creerai vita. Hai dei campi? Falli produrre in modo da sfamare chi è nel bisogno… insomma, punta tutto sull’amore! L’amore non è come il grano di quell’agricoltore, grano che sarebbe marcito nei magazzini; l’amore è un tesoro che non si svaluta e che non può essere rubato dai ladri, neppure da quel ladro che aveva sorpreso l’agricoltore, la morte che gli aveva portato via tutto.

Adesso vi rendete conto perché Gesù ha iniziato dicendo “Non abbiate paura!” Se non avete paura vuol dire che non avete capito l’investimento che Gesù sta proponendoci. E ora, per capire bene la sua proposta ci racconta tre parabole. Sentiamo la prima: Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!

La scena della prima parabola si svolge nella casa di un ricco signore che è stato invitato a una festa di nozze e ha affidato la sua casa ai suoi servi. È facile identificare questo signore, è Gesù che, compiuta la sua missione, ha lasciato questo mondo e ha affidato ai suoi discepoli il compito di dare continuità all’opera da Lui svolta. Negli Atti degli Apostoli è descritto questo passaggio di consegne nel racconto dell’Ascensione; ricordiamo quei due uomini in bianche vesti che dicono ai discepoli: “Non state a guardare il cielo, scendete nella pianura e date continuità a quel mondo nuovo, al quale Gesù ha dato inizio”.

Soffermiamoci sui servi che abitano questa casa, sono importanti. Nella casa di questo signore ci sono soltanto loro, i servi, ognuno con un proprio compito da svolgere, quello che il padrone ha affidato a ciascuno. Questa casa è la comunità cristiana che è composta soltanto da servi; non ci sono padroni, signori, onorevoli, eminenze, eccellenze da riverire! Il servizio è ciò che caratterizza la vita di questa casa. Come devono comportarsi questi discepoli, se vogliono l’approvazione del loro padrone quando tornerà dalle nozze?

Devono rimanere sempre svegli, sempre pronti a servire, non possono assopirsi, e questo signore può arrivare da un momento all’altro; può arrivare in mezzo alla notte, all’alba, quando si è più tentati di addormentarsi. Questa disponibilità al servizio è presentata con due immagini molto efficaci: quella delle “vesti strette ai fianchi e quella delle “luci sempre accese in questa casa. In oriente, gli uomini usavano tuniche lunghe fino ai piedi, in casa le lasciavano sciolte, ma quando si mettevano al lavoro o partivano per un viaggio, si cingevano i fianchi, sollevavano le vesti per essere più liberi nei movimenti. Nella casa di questo signore, i servi, hanno sempre le vesti cinte ai fianchi. Il cristiano non ha momenti liberi in cui può ripiegarsi su se stesso, cercare i propri interessi, impigrirsi, fare ciò che gli piace… no, se qualcuno ha bisogno di lui deve essere sempre pronto a servire.

Seconda immagine: le lampade accese. Nella casa di questo signore non c’è mai il cartello: “Si è spenta la luce, non disturbare perché stiamo riposando”. Chiunque ha bisogno, sa che può bussare a questa casa perché lì c’è qualcuno che può svolgere il servizio di cui lui ha bisogno. E a questo punto c’è la venuta del padrone che torna dalle nozze, arriva e bussa educatamente alla porta, non la sfonda, chiede il permesso perché lui ha bisogno di entrare. Di che venuta si tratta? Ci sarà un’ultima venuta di questo Signore, nella nostra vita… sarà l’incontro ultimo, definitivo, quando la nostra vita verrà valutata proprio vedendo se assomiglia o no alla sua vita, la vita del servo; ma prima di questo ultimo incontro, il Signore viene molte volte a bussare alla nostra porta, non la sfonda, bussa perché liberamente dobbiamo aprire e rispondere al bisogno che Lui ha.

È Lui il fratello povero che viene a chiederci aiuto e sa che noi abbiamo i beni di cui Lui ha bisogno, quei doni, quei tesori che Dio ha posto nelle nostre mani, proprio perché li dobbiamo consegnare al fratello bisognoso. Quando giunge il fratello a bussare alla nostra porta è il momento di investire i nostri tesori, venderli in elemosina. E questi servi vigilanti, meritano non una, due beatitudini di Gesù. “Beati quei servi!” Una benedizione inaudita perché nella cultura del tempo, i beati erano i padroni, non i servi. Beato vuol dire “complimenti, sei una persona bella, una persona riuscita”. E sono svegli anche nella notte e, questa notte, potrebbe essere quella del nostro mondo, avvolto nella tenebra dell’egoismo, della ricerca spasmodica dell’avere, del potere, di ciò che piace e basta. In questa notte sono beati coloro che rimangono svegli, anche se attorno c’è solo oscurità, loro mantengono le lampade accese e svolgono fedelmente il loro servizio. È bella questa beatitudine poco citata: “Beati coloro che si mantengono svegli, con gli occhi aperti”.

La conclusione della parabola presenta una delle scene più commoventi che ci sono nella Bibbia… il padrone quando arriva bussa e ci si aspetterebbe che, quando entra, pretendesse di essere servito! È lui che si cinge le vesti e si mette a servizio dei servi che adesso lui fa sedere alla mensa; è il capovolgimento dell’immagine di Dio che gli uomini si sono fatta. Il Dio di Gesù di Nazareth è il Dio servo dell’uomo e non facciamogli il torto di deturpare il suo volto facendolo diventare un padrone che si fa servire. Lo deformiamo, capovolgiamo la sua immagine, è un’immagine diabolica quella di Dio che si fa servire. Ne troviamo una scena altrettanto commovente nell’Apocalisse dove si dice che “Dio tergerà ogni lacrima dagli occhi di questi servi”, perché costruire amore è costato loro fatica e anche tante lacrime. Questi beni che si stanno svalutando e che vanno investiti, sono anche esposti al pericolo dei ladri.

Con una seconda parabola Gesù ci insegna come metterli al sicuro dai ladri.

Sentiamo: Cercate di capire questo: … Questa immagine del ladro che arriva quando meno te l’aspetti è singolare; non è mai stata impiegata dai rabbini, invece ha avuto molta fortuna fra i cristiani. La troviamo spesso nel Nuovo Testamento, la impiega Paolo nella lettera ai Tessalonicesi quando dice: “Voi ben sapete che, come un ladro di notte, verrà il giorno delSignore”; la troviamo nella seconda lettera di Pietro: Il giorno del Signore verrà come un ladro”; la troviamo anche nell’Apocalisse la lettera che il Risorto scrive alla Chiesa di Sardi che non è vigilante, dice: “Verrò come un ladro, senza che tu sappia a che ora verrò da te”.

Che immagine è mai questa del ladro? Abbiamo già accennato al ladro che ha sorpreso l’agricoltore stolto, la morte che gli ha portato via tutto, non è stato vigilante, non aveva messo al sicuro i suoi beni. Questo ladro minaccioso va indubbiamente tenuto presente e il modo migliore per difendersi da questo ladro è far sì che quando arriva, non trovi niente da portare via.

La famosa locuzione di Giovenale: “Cantabit vacuus coram latrone viator”. Il viandante che non ha niente con sé, quando incontra il ladro si mette a cantare e a ridere, perché non gli può far nulla. Alla fine della vita, la salvezza è quella di essere trovati senza niente perché tutti i beni che Dio aveva posto nelle nostre mani, sono stati consegnati ai destinatari. È la beatitudine di Gesù: “Beati i poveri!” Complimenti a voi che siete rimasti senza niente perché avete consegnato tutti i beni per i poveri, per chi aveva bisogno”.

In questa parabola però, l’immagine del ladro non è quella della morte e non è una minaccia, è Vangelo, è una bella notizia! È la raccomandazione a essere sempre vigilanti, a fare attenzione a non perdere alcuna delle opportunità di amore che ci vengono offerte nella vita, perché queste opportunità si presentano spesso all’improvviso e bisogna saperle cogliere. Si tratta quindi di un ladro un po’ speciale, che non viene per rubare, viene per salvarci, viene per salvare i nostri beni, viene nelle vesti del povero che chiede un servizio. Noi abbiamo le capacità che Dio ci ha dato per donargli vita… è un’opportunità da non perdere. Lui salva i nostri beni, li mette al sicuro in Dio perché ci permette di trasformarli in amore; il povero non ci ruba i beni, ce li salva perché ce li salva in Dio. Nella comunità dei discepoli composta soltanto da servi, abbiamo ascoltato ciò che Gesù ha detto: “Bisogna rimanere sempre svegli”. Ma c’è qualcuno che deve vegliare più degli altri e a costoro Gesù dedica la terza parabola.

Ascoltiamola: Allora Pietro disse: “Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?”. Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.

Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

L’immagine del banchetto è molto cara a Gesù, la ritroviamo spesso nei Vangeli. Gesù se ne serve soprattutto per mettere in risalto che, nella sala del banchetto, sono sempre presenti due gruppi di persone: ci sono gli invitati, le persone ragguardevoli che sono sedute o sdraiate in attesa di essere servite; e poi c’è il secondo gruppo, quello dei servi, sempre pronti ad accogliere gli ordini e ad eseguirli immediatamente.

Ed ecco la terza parabola che è introdotta da una domanda di Pietro che chiede al Signore: “Chi sono coloro che devono mantenersi vigilanti? Noi o tutti?” Tutti naturalmente devono vegliare, ma c’è qualcuno che deve vegliare più degli altri – dice Gesù – qualcuno che dovrà essere più servo degli altri. Sono coloro che sono stati messi a capo della servitù perché hanno dato prova di essere dei modelli di servizio e di loro il padrone si fida.

Il riferimento è alle guide della comunità cristiana che sono chiamati amministratori, non padroni, signori, superiori! Sono i responsabili della vita della comunità. Il termine “amministratori” è stato impiegato anche da Paolo al capitolo 3° della lettera ai Corinzi quando chiede: “Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è mai Paolo?” Oikonomoi, amministratori non persone cui rispettano titoli onorifici particolari.

Qual è il loro compito? Dare alimento a tutta la comunità, devono impegnarsi generosamente, disinteressatamente nel servizio della comunità. Questo è il quadro positivo della parabola e adesso viene quello negativo. Può accadere che queste guide comincino ad agire per vile interesse, comincino a farla da padroni sulle persone che sono state loro affidate. Anche nella casa dove tutti sono servi, può entrare di nuovo la logica di questo mondo che è quella che ti porta a voler dominare, a voler prevalere, a volerti far servire… è un’eventualità che Gesù prende in considerazione e la descrive in un modo molto crudo.

E attraverso le parole di Gesù, noi cogliamo la denuncia che Luca sta facendo con crudo realismo proprio, del comportamento dei servi infedeli presenti nelle sue comunità; parla di gente che poltrisce, che sperpera in bagordi, in gozzoviglie, che usa toni arroganti, che si comporta in modo dispotico… sono situazioni incresciose che erano presenti già in queste comunità primitive dell’Asia minore. Gesù richiama questo pericolo, con parole severe. Il pericolo che queste persone stanno correndo è di ritrovarsi al termine della vita di essere tagliati fuori dal gruppo dei discepoli, venire collocati fra gli infedeli. Si tratta di membri eminenti della Chiesa, eppure su di loro pende una drammatica e inattesa sentenza… Gesù li considera dei falliti! Non è che vengono mandati all’inferno, no, ma sarà tragico per queste persone, verificare che hanno sbagliato nel modo di interpretare il servizio a cui sono stati chiamati nella comunità cristiana.

La parabola si chiude con l’immagine delle bastonate; riflette il contesto sociale in cui si ricorreva spesso a punizioni severe e anche crudeli contro chi non faceva il proprio dovere. Il Signore naturalmente non punisce nessuno, l’immagine vuole sottolineare quanto è deprecabile il comportamento di queste guide della comunità. Si trovano nella condizione privilegiata di chi ha conosciuto meglio degli altri la volontà del Signore e sono stati ugualmente infedeli. La loro responsabilità – dice Gesù – è maggiore. È una situazione che dobbiamo tenere ben presente perché questo pericolo lo ritroviamo anche nelle nostre comunità di oggi.

 
 
 

Comentários


bottom of page