21ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
- don Luigi
- 19 ore fa
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Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,22-30)
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Disse loro: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi.
Da qualche domenica stiamo accompagnando Gesù che è in viaggio verso Gerusalemme. Durante questo cammino abbiamo assistito a vari episodi, ricordiamo quel dottore della legge che ha chiesto a Gesù “Cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”, poi abbiamo visto come è stato accolto da “Marta e da Maria”, abbiamo ascoltato le sue parabole, ci ha insegnato anche a pregare e la scorsa domenica ci ha detto che il suo messaggio, il fuoco che Lui ha portato dal cielo, avrebbe creato conflitti e divisioni sulla terra. Luca insiste nel presentarci questi episodi e questi insegnamenti, mentre Gesù è il viaggio. Lui sa dove sta andando, ha una meta precisa da raggiungere, Gerusalemme, dove è chiamato a dare la prova massima del suo amore. Ci insiste Luca, perché vuole dirci… “sta tracciando il cammino che anche tu dopo devi seguire se vuoi essere suo discepolo”. E difatti, i nostri fratelli di fede delle prime generazioni avevano ben chiaro in mente questo cammino, avevano coscienza di essere stranieri e pellegrini su questa terra.
La Lettera agli Ebrei dice: “Non abbiamo quaggiù una città stabile, noi siamo in viaggio verso la Gerusalemme del cielo”. Difatti Pietro, quando scrive ai cristiani perseguitati dell’Asia minore, dice: “Vi esorto come stranieri e pellegrini”. Il pellegrino è diverso dal vagabondo, tutti e due camminano, ma il pellegrino ha una meta, sa dove sta andando, il vagabondo no, non si pone domande sul suo destino, sul senso del suo camminare, a lui basta godersi ciò che trova per strada e non pensa ad altro. Facciamo attenzione, perché anche noi possiamo perdere di vista la meta che Gesù ci traccia, forse coltiviamo qualche ideale bello… superare un esame, farci una famiglia, trovarsi un lavoro; questi sono obiettivi belli, ma sono immediati, da soli non ci basteranno mai perché dopo che li abbiamo raggiunti, noi ci chiederemo sempre “e poi?”.
La ragione ce la spiega molto bene il Qoelet che dice con saggezza: “Fa attenzione, perché Dio ha posto nel cuore dell’uomo l’infinito”. E se tu non dai una risposta a questo bisogno di infinito sarai sempre insoddisfatto e darai la colpa a qualcuno, dirai “se avessi qualcosa che mi manca sarei soddisfatto” … non illuderti, anche se tu avessi tutto ciò che desideri, se tu potessi realizzare i tuoi sogni – tieni presente – non ti basteranno mai per placare questa tua inquietudine. E allora viene da chiedersi: “C’è qualcuno che riesce a dare una risposta soddisfacente a questo bisogno? Sono molti o pochi coloro che rispondono a questo bisogno di infinito?”.
Ecco la domanda che, nel brano evangelico di oggi, un tale rivolge a Gesù, interessa anche a noi questa domanda, sentiamola: Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che sono salvati?”. Nel mondo giudaico del tempo di Gesù, la problematica riguardante la salvezza suscitava grandi interessi, provocava anche molte discussioni. Cosa intendevano per salvezza? Chi sono i salvati? Salvezza è la risurrezione, intesa come il ritorno alla vita di questo mondo, naturalmente senza più alcun dolore, alcuna sventura, alcuna malattia, solo pienezza di gioia; coloro che il Signore riterrà degni di questa risurrezione, sono i salvati.
Quando e perché si è iniziato in Israele a parlare di risurrezione? Si è cominciato molto tardi, gli israeliti non sono come gli egiziani che da sempre hanno creduto in un’altra vita, soltanto all’inizio del II secolo hanno cominciato a parlare di risurrezione; è stato quando i re seleucidi pagani, hanno cominciato a perseguitare coloro che volevano rimanere fedeli alla Torah, alle loro tradizioni e hanno anche martirizzato coloro che non aderivano alle loro nuove proposte religiose. E allora ci si è chiesti quando Dio, secondo le promesse che ha fatto ai patriarchi e ai profeti, darà inizio al suo regno in questo mondo, regno di pace, di gioia, di giustizia? I giusti, i martiri, rimarranno esclusi da questa gioia? Ed ecco la risposta: no, loro, il Signore li farà risorgere perché possano partecipare al suo regno, li farà tornare in vita. In certi momenti della storia di Israele, questa attesa, questa speranza messianica era sentita in modo particolarmente vivo. I sacerdoti del tempio, i sadducei, non solo non credevanonella risurrezione, ma la ridicolizzavano, ricordiamo quando si sono presentati da Gesù e gli hanno chiesto: “Ma una donna che è stata di 7 mariti in questo mondo, poi è morta, quando risorge a quale dei mariti verrà consegnata?” … e facevano i sorrisini… “non è possibile questa risurrezione, un ritorno alla vita di questo mondo!” Ci credevano invece i farisei e l’interrogativo era: “Chi sarà ammesso a questa risurrezione? chi verrà salvato? Solo qualcuno, tutti i figli di Abramo, anche qualche giusto fra i pagani?”
Ecco la ragione della domanda che è stata posta a Gesù. I farisei sostenevano che tutti gli osservati della Torah avrebbero conseguito la salvezza, cioè sarebbero risorti. Ricordiamo Marta quando Gesù le dice: “tuo fratello risorgerà” Marta dice: “Ma che scoperta, mio fratello era un giusto… certo che risorgerà” Gesù dice: “Non è questa la risurrezione che io ho portato nel mondo, non è un ritorno a questa vita, ma è la manifestazione di una vita dell’Eterno, che io ho portato in questo mondo e ho donato a tutti i figli di Dio”. Naturalmente, di sicuro, a questa salvezza non sarebbero stati ammessi i malvagi, gli empi; ricordiamo la mamma dei 7 figli Maccabei che, dopo aver incoraggiato i suoi figli, uno per uno a non cedere alle proposte di Antioco, alla fine si rivolge al sovrano e gli dice: “Tu malvagio, non parteciperai alla risurrezione dei giusti, tu non sarai salvato”. Gli apocalittici sostenevano che soltanto pochi erano destinati alle felicità eterne, IV libro di Esdra, forse il più famoso dei libri apocalittici, dice: “Questo secolo – cioè l’era presente -, l’Altissimo l’ha creata per una moltitudine, ma il secolo futuro è riservato a un piccolo numero, molti sono creati, ma pochi però saranno salvati”.
E l’unico modo per salvarsi, su questo erano tutti d’accordo, era la pratica assidua della Torah. La salvezza dipendeva dagli sforzi di ognuno, era un premio che era conseguito alla fine della vita ed era donato a coloro che se lo meritavano. Il personaggio anonimo che ha posto la domanda a Gesù, non pensa che la salvezza sia un premio, difatti formula molto bene la sua domanda, non chiede “sono pochi coloro che si salvano osservando la Torah, comportandosi bene…”, ma chiede “sono pochi coloro che sono salvati?”. Cioè la salvezza, lui capisce che è un dono che è consegnato, vuol dire “sono pochi coloro che si lasciano salvare”, ha capito che la salvezza non è una paga data alla fine della vita, è un dono; tuttavia commette un errore, l’errore che commettono ancora oggi anche tanti cristiani ed è pericoloso, pensare che la salvezza arrivi alla conclusione della vita, quando chi si è comportato bene, ha osservato i comandamenti, non ha fatto peccati mortali, o se li ha commessi poi si è confessato… alla fine il Signore gli consegna il biglietto d’ingresso in paradiso e lui è salvo.
Non è questa la salvezza di cui sta parlando Gesù, per Gesù la salvezza non è alla fine della vita, lì il Padre accoglie certamente tutti i suoi figli con il suo abbraccio, il regno di Dio però, dove tutti Gesù invita ad entrare, non è alla fine della vita, è oggi che Gesù vuole che ci lasciamo salvare dalla sua proposta di vita, per questo è urgente che ci lasciamo salvare, cioè che diamo l’adesione alle sue beatitudini. E allora non c’è bisogno di chiedere a Gesù se sono molti o pochi coloro che si lasciano salvare, è sotto i nostri occhi la risposta… purtroppo sono pochi coloro che accolgono la proposta del Vangelo, pochi si fidano delle sue beatitudini, pochi dimenticano sé stessi per farsi servi del fratello, pochi accettano la proposta di condividere i propri beni, di non accumulare, di mettere tutto a disposizione di chi è nel bisogno. Ripensiamo al brano evangelico che abbiamo ascoltato 15 giorni fa, quando Gesù ha parlato al piccolo gregge. È un piccolo gregge, Gesù lo sa, dice: “lasciati salvare subito consegnando tutto ciò che hai al povero” e a noi non viene facile aderire alle sue beatitudini, ci viene più facile aderire alle beatitudini di questo mondo e Gesù ci dice “non puntare la vita sull’effimero, puntala sull’amore che rimane, lasciati salvare subito!”
Sentiamo che cosa risponde Gesù a quell’interlocutore: Gesù disse loro: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Gesù non risponde alla domanda che gli è stata rivolta, a Lui preme chiarire bene come si entra oggi, subito, nel regno di Dio, come si diviene e come ci si mantiene suoi discepoli ed ecco le indicazioni che dà con 3 immagini: La prima: per lasciarsi salvare dovete lottare. La traduzione, dice “sforzatevi”, no, ma “lottate”. Il verbo “agõnizomai”, in greco, è impiegato per le gare atletiche, c’è una competizione, una gara da fare se volete lasciarvi salvare. È la lotta di cui parla anche Paolo nella Lettera ai Corinzi, al capitolo 9, quando impiega l’immagine delle corse, delle lotte allo stadio, dice: “Tutti corrono ma uno solo raggiunge il premio; correte anche voi, ma in modo da conquistare questo premio e ricordate che ogni atleta è disciplinato in tutto, questi atleti lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una corona che dura per sempre”. Poi fa l’esempio personale: “Io corro, ma non come colui che cammina senza una meta, so dove sto andando. Faccio pugilato, ma non come chi percuote l’aria, io tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù perché non succeda che, dopo aver predicato agli altri, io venga squalificato”. Si tratta quindi di una lotta interiore, non avviene fuori di noi; è il conflitto che tutti sperimentiamo fra le passioni che ci fanno ripiegare su noi stessi, accontentare il nostro egoismo e la voce dello Spirito che ci spinge invece ad amare, a pensare al fratello ed è un conflitto molto duro. Se non sperimentiamo questo conflitto interiore vuol dire che non abbiamo capito cosa ci chiede il Vangelo, certo se riduciamo l’adesione a Cristo a qualche pratica devozionale, lì non sperimenteremo alcuna lotta interiore, tutt’al più avremo a che fare con un po’ di pigrizia. Gesù dice, e ce lo riferisce Matteo al capitolo 11: “Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono”. Devi fare violenza al tuo egoismo, non è per gente smidollata, imbelle, rammollita; chi pensa di poter entrare nel regno di Dio senza affrontare questa lotta interiore, è un illuso, l’ha affrontata anche Gesù ed è stata molto dura anche per Lui per rimanere fedele sempre alla voce dello Spirito.
Seconda immagine: la porta stretta attraverso la quale si deve passare se ci si vuole lasciar salvare. Per entrare da una porta stretta c’è un solo modo… bisogna farsi piccoli. Torniamo indietro al capitolo 9 di Luca e troviamo una discussione che è sorta fra i discepoli che stavano chiedendo a Gesù: “Chi è il più grande?” Discutevano fra di loro, tutti volevano essere i primi, Gesù allora cosa fa? Prende un bambino… “voi volete essere grandi?” Prende un bambino, se lo metti vicino e dice: “Chi è il più piccolo tra di voi, questi è grande”. Se vuoi diventare ricco, accumulare beni, salire in alto, farti servire… tu rimani troppo grande e troppo grosso, non passerai mai dalla porta che ti introduce nel regno di Dio, nella salvezza, non apparterrai mai ai discepoli di Cristo, oppure lo sarai soltanto di nome.
Terza immagine: la ressa davanti alla porta. C’è quindi una distinzione tra le grandi folle che sono davanti alla porta, desidererebbero entrare, ma rimanendo magari molto grandi e grossi, insomma, son sempre lì davanti e qualcuno invece si fa piccolo ed entra, viene salvato. La distinzione quindi, è fra i discepoli autentici che seguono Cristo, che accolgono la sua proposta di uomo, e questi sono pochi; e poi ci sono quelli, e sono molti, che rimangono sulla porta, sono attratti dal Vangelo, apprezzano quello che Gesù ha fatto e insegnato, ma rimangono sulla porta. È la realtà che vediamo oggi nella nostra chiesa, le masse sono ancora consistenti, sono numerosi coloro che si dicono cristiani e sono anche convinti forse di esserlo, quindi di appartenere al gruppo dei salvati. Gesù li invita a riflettere perché potrebbe trattarsi di una illusione. E a queste persone, adesso Gesù si rivolge in tono minaccioso, per salvarle.
Sentiamo: Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
A un certo punto “il padrone si alza e chiude la porta”. La ragione per cui Gesù ha introdotto questa scena è per farci ascoltare le ragioni di coloro che sono lasciati fuori e pretendono di entrare, credono di aver diritto di partecipare a quel banchetto. Chi sono coloro che sono fuori? Vediamo di identificarli perché potremmo essere noi. Anzitutto come chiamano il padrone? Gesù lo chiamavano anche gli scribi, i farisei… lo chiamano Signore. Questo è il modo con cui i cristiani si rivolgevano al Risorto, gli scribi, i sommi sacerdoti lo chiamavano “Gesù, quel tale, quell’uomo, quell’impostore”, solo i cristiani lo chiamavano “il Signore” e quindi, i lasciati fuori sono dei battezzati, e si meravigliano di essere lasciati fuori, credono di avere le carte in regola e presentano due credenziali per farsi identificare:
la prima: “Noi abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza”. L’allusione è all’Eucaristia… non siamo membri della comunità, partecipiamo nel giorno del Signore al banchetto eucaristico e poi abbiamo ascoltato la tua Parola, tu hai insegnato nelle nostre piazze, noi non veniamo da lontano, siamo sempre stati in casa tua, come fai a non riconoscerci come membri della tua comunità? La ragione è che la conoscenza della proposta evangelica non basta, è necessaria l’adesione con la vita, se non c’è questa adesione, anche il mangiare il pane eucaristico si trasforma in un gesto ipocrita, falso; ecco la ragione per cui anche dei battezzati possono essere lasciati fuori dal regno di Dio. E non è difficile intuire che cosa ha spinto l’evangelista Luca a presentarci questa scena, impiegare queste parole dure, perché nelle sue comunità si erano infiltrati la stanchezza, il lassismo, la presunzione di essere a posto con Dio, la supponenza/convinzione che bastino i buoni propositi e che la salvezza sia essere ottenuta a buon mercato.
Luca si rende conto che per molti cristiani c’è il rischio dell’illusione di appartenere al regno di Dio, quando invece si è ancora fuori, sono dei battezzati che non si sono lasciati salvare, continuano a gestire i beni di questo mondo come facevano prima, quando erano dei pagani, continuano a trattare i loro servi, i loro schiavi come fanno tutti i pagani ed erano molti in quel tempo i cristiani ricchi, benestanti che avevano degli schiavi che avrebbero dovuto trattare come fratelli, invece no, continuavano a trattarli come schiavi. Luca dice a queste persone: voi siete fuori dal regno di Dio. Nelle parole di questo gruppo difatti, dove presentano le loro ragioni, dicono soltanto che stanno praticando una religione, sono delle pratiche religiose quelle che loro presentano, non c’è alcun accenno nelle loro parole all’amore per i fratelli, al dono della vita, all’uso dei beni per coloro che sono nel bisogno!
Dicono semplicemente “noi abbiamo partecipato alle liturgie e abbiamo ascoltato la tua Parola”, sì ma la pratica della vita di amore dov’è? Direi che sono dei praticanti non credenti perché credere vuol dire giocarsi la vita sulla proposta del Vangelo. Ecco il pericolo di una pratica religiosa che tranquillizza, anestetizza le coscienze, fa sentire a posto con Dio, ma è un’illusione. E il padrone dice: “allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità”. È la citazione del Salmo VI, dove si dice: “allontanatevi da me o facitori di vanità”. Coloro che fanno cose vane, cose che a Dio non interessano; “allontanatevi” non vuol dire vi rifiuto, vuol dire prendete atto che con me non avete nulla da spartire. Non stava quindi parlando dell’inferno, dice soltanto che coloro che non praticano con la vita le proposte che Lui ha fatto, non hanno nulla da spartire con Lui e con il regno di Dio.
E adesso prestiamo attenzione all’ultima scena, quella del banchetto dal quale si può correre il rischio di rimanere esclusi. Sentiamo: Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete nel regno di Dio Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi”. Le parole di Gesù che abbiamo ascoltato sono molto dure e rimaniamo forse un po’ sorpresi di trovarle nel Vangelo secondo Luca, siamo abituati ad ascoltarle nel Vangelo secondo Matteo, dove si parla spesso del “fuoco della Geenna”, per 6 volte ricorre quel lugubre ritornello del “pianto e stridore di denti”; in Luca no, Luca una sola volta cita la “Geenna”, senza parlare però del fuoco della Geenna e una sola volta, proprio nel brano che abbiamo appena ascoltato, anche lui ricorre all’immagine del “pianto e stridore di denti”.
Come mai ricorre a questo linguaggio? Chiaramente perché sente il bisogno di dare una scossa alle sue comunità dove ha notato che ci sono dei battezzati che, senza rendersene conto, stanno riadattandosi alla vita pagana. Costoro, se non se ne rendono subito conto – dice Luca – finiranno nel pianto quando si accorgeranno di avere fallito nella vita, credevano di essere cristiani, di essere salvati, ma in realtà sono tornati alla vita pagana. E poi ci sarà lo “stridore di denti”, cos’è questa immagine rabbinica? È il segno della rabbia di chi capisce troppo tardi di avere sbagliato.
Dopo queste parole minacciose rivolte a coloro che si illudevano di avere diritto di appartenere al regno di Dio, ma che invece sono fuori, viene messo in scena un secondo gruppo… da chi è composto? Dai patriarchi, Abramo, Isacco, Giacobbe, da tutti i profeti e poi c’è una moltitudine immensa venuta dai quattro punti cardinali… Chi sono costoro? Ci sono certamente fra loro, e sarà certamente la maggioranza, i battezzati, coloro che hanno preso sul serio il Vangelo e hanno dato la loro adesione di vita. Ma tra questa moltitudine, ci sono forse tante persone che non hanno sentito parlare del Vangelo, ma se sono entrate al banchetto del regno di Dio, vuol dire che sono passati dalla “porta stretta”, cioè si sono comportati da servi dei fratelli, si sono fatti piccoli e sono riusciti a entrare; cioè hanno ascoltato la voce dello Spirito che li ha portati a servire e ad amare il fratello.
Ricordiamo quella bellissima frase che troviamo nella Prima lettera di Giovanni al capitolo 4: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri perché l’amore è da Dio. Chiunque ama – battezzato o no – è generato da Dio, è figlio di Dio e Dio è amore”. Quindi è bello contemplare in questa moltitudine, quei fratelli che hanno amato mossi dallo Spirito, anche se non hanno sentito parlare del Vangelo.
La conclusione “alcuni degli ultimi saranno primi e alcuni dei primi saranno ultimi”. È il richiamo che Gesù fa: state attenti perché voi che avete avuto la fortuna di incontrare questo tesoro del Vangelo, se non date la vostra adesione piena e siete più responsabili, potreste avere la sorpresa di vedere qualcuno che non è un battezzato, ma che è capace di compiere gesti di amore eroici.
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