22ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
- don Luigi
- 29 ago
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Dal Vangelo secondo Luca (14, 1.7-14)
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Nei Vangeli si parla spesso di banchetti ai quali Gesù partecipa, Lui accettava inviti da tutti… lo troviamo seduto a mensa insieme a pubblicani e peccatori, ma anche in casa di scribi e di farisei. Lui non conosceva la separazione fra uomini puri e uomini impuri, gente monda e gente immonda, no, per Lui tutti gli uomini sono puri, semmai le azioni che compiono possono essere impure, contro la vita, disumanizzanti, ma gli uomini rimangono figli di Dio, puri. Poi essendo in viaggio, Gesù aveva bisogno di qualcuno che lo accogliesse in casa sua e gli scribi e i farisei difatti, per screditarlo avevano messo in giro la voce che era un mantenuto, dicevano: “È un mangione e un bevitore di vino”. Questa espressione non significa che era uno che si abbuffava, un ingordo, no, significa che era uno che aveva smesso di mantenersi con la propria professione e viveva di quanto gli veniva offerto. Ecco la ragione per cui troviamo spesso Gesù in casa di qualcuno.
Sentiamo oggi da chi ha ricevuto l’invito: Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. È sabato, al mattino c’è stata la celebrazione della liturgia nella sinagoga alla quale tutti hanno partecipato, anche Gesù e, al termine, escono e vanno a casa per il pranzo. Il giorno di sabato si mangiava tre volte… mattino, mezzogiorno e sera; lungo la settimana, una volta soltanto alla sera. Nel giorno di sabato era consigliato invitare a pranzo fratelli, parenti, amici e vicini e, ciò che tutti desideravano, era avere come commensale il rabbino che aveva commentato la lettura nella sinagoga per poter continuare a parlare con lui, a chiedere spiegazioni, a essere illuminati sul significato di quel brano biblico.
In Israele, a tavola, accadeva qualcosa di simile ai simposi di Atene dove i filosofi si riunivano per mangiare sdraiati, bere e discutere di filosofia, di politica…i rabbini dicevano: “Noi, nei nostri simposi, non discutiamo di filosofia, noi dialoghiamo sulla Parola di Dio”. Gesù è invitato a tavola da un capo dei farisei; quindi, in quella casa tutti seguono quella che è la teologia farisaica, quindi la separazione del puro dall’impuro, Dio che sta dalla parte dei buoni, condanna i malvagi… e difatti – nota l’evangelista che – quando Gesù entra in casa di questo capo dei farisei, “lo stavano ad osservare”. Il verbo significa tenere sotto controllo, osservarlo da vicino. Essendo dei farisei, per loro, Gesù è uno da tenere d’occhio, è una persona sospetta, sanno come la pensa, allora certamente si sono chiesti: “Vediamo se fa le purificazioni oppure no”. Forse le ha fatte di malavoglia per non creare problemi e poi, soprattutto, stare attenti a che discorsi farà a tavola perché è capace di cominciare a parlare di Dio che non è conforme al Dio presentato dai farisei. Bisogna essere pronti insomma, a contraddirlo con citazioni bibliche se fa qualche affermazione eretica. E difatti la festa comincia proprio male, subito… perché? Accade un fatto che non viene riferito nel brano di oggi, è tralasciato. In casa del fariseo compare un “idropico”, quindi uno che non avrebbe dovuto mettere piede in casa di un fariseo… perché? Perché lui appartiene alla categoria delle persone impure. L’idropisia era una malattia che era ritenuta un castigo di Dio contro chi commetteva un grave peccato relativo alla sessualità. Quando si trova davanti questo idropico, c’è un silenzio in casa, un momento di tensione…e allora Gesù si rivolge ai dottori della legge e ai farisei, che sono lì presenti e chiede: “È lecito o no curare in giorno di sabato?” Avrebbero dovuto rispondere “Non è lecito”, ma siccome nessuno risponde, il silenzio si fa pesante, Gesù cura il malato e poi spiega: “Chi di voi se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tira fuori subito, anche se è giorno di sabato?” Il silenzio continua e allora Gesù racconta una prima parabola. Ascoltiamola: Diceva agli invitati una parabola, … Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.
Come oggi, anche al tempo di Gesù c’erano delle norme di galateo cui bisognava attenersi quando si era a tavola. Il Siracide, che aveva aperto una scuola a Gerusalemme per educare i giovani, dedica i capitoli 31 e 32 del suo libro alla buona educazione quando si mangia e dà delle indicazioni gustosissime, ti consiglio di leggere questi due capitoli. Per esempio, dice: “A tavola dove uno ha posto gli occhi tu non stendere la mano”; oppure, “Mangia da uomo, non masticare con voracità perché ti renderesti odioso”; poi, “Se sei giovane, parla soltanto quando sei interrogato e solo un paio di volte poi, compendia il tuo discorso di molte cose ma con poche parole, comportati come uno che sa, ma sta zitto”.
Poi c’erano delle regole ben precise riguardo ai posti da occupare. I primi posti erano riservati alle persone ragguardevoli che dovevano essere servite per prime, così sceglievano i cibi migliori; al centro c’era il padrone di casa, poi via via tutti gli altri, in considerazione della loro posizione sociale, della funzione religiosa che svolgevano, della ricchezza che possedevano e anche dell’età. Nel Libro dei Proverbi al capitolo 25, troviamo un detto che è molto simile a quello pronunciato da Gesù: “Non metterti al posto dei grandi, perché è meglio sentirsi dire sali quassù, piuttosto che essere umiliato davanti a un superiore che ti dice di scendere più giù”. C’è un testo rabbinico attribuito a rabbi Shinhon Ben Azzai, è dell’inizio del II secolo, che assomiglia a quello di Gesù: “Sta sotto di due o tre posti rispetto a quello che ti spetta e attendi che ti venga detto sali più su, perché è meglio sentirti dire sali più su, sali più su, piuttosto che scendi più giù, scendi più giù”
Come mai Gesù si interessa dei primi posti a tavola? Non è in casa sua, come si permette di prendersela con gli invitati del capo dei farisei? E poi non è pensabile che, in casa del fariseo, ci siano degli invitati che si mettono a competere per occupare posti che non spettano loro, lì sono presenti soltanto persone perbene, che sanno comportarsi in modo corretto. Allora ci chiediamo, chi sono gli invitati ai quali Gesù si rivolge? Dov’è che Gesù nota questa corsa ai primi posti, questa bramosia di essere grandi, di farsi servire? Non è al banchetto in casa del fariseo dove dicevo, queste cose non accadevano di sicuro. Il banchetto in casa del fariseo è una scusa, è una cornice artificiale di cui Luca si è servito per introdurre il messaggio di Gesù sul comportamento da tenere in un altro banchetto, quello della comunità cristiana, quello del regno di Dio. È in questa comunità cristiana che Gesù non vuole che ricompaia la corsa ai primi posti, che è la caratteristica della vita del mondo antico. Cosa vediamo noi nel mondo? Che tutti cercano di salire in alto e per soddisfare questa pulsione sono disposti a tutto, a intrighi, tradimenti, ricatti, raccomandazioni, amicizie. Ciò che preoccupa Gesù è che questi comportamenti si ripresentino nella sua comunità, difatti il testo greco originale del brano evangelico che abbiamo ascoltato: “Diceva agli invitati una parabola”. Questi invitati, sono “keklemenus”, i chiamati, sono coloro che hanno risposto alla chiamata, alla vocazione di aderire al Vangelo, di accogliere il regno di Dio; sono i membri della comunità cristiana.
Gesù diceva a questi chiamati, non sta parlando agli invitati seduti a tavola in quel giorno di sabato, si sta rivolgendo ai cristiani delle comunità di Luca e delle nostre comunità di oggi. È fra i cristiani che si continua a cercare, come fanno i pagani, i primi posti, i luoghi d’onore, gli spazi di potere. Sappiamo, nella storia della Chiesa cosa hanno provocato le questioni delle precedenze, la bramosia del potere, titoli onorifici, primi posti, ma stiamo attenti, non capita solo nelle gerarchie ecclesiastiche, questa pulsione è presente in ognuno. Questo carrierismo si manifesta anche nei piccoli servizi della comunità cristiana, persone che sono anche molto impegnate, ma trasformano poi il servizio nella ricerca di uno spazio di potere; la signora bravissima incaricata dei fiori che se li vede spostare da un’altra… e che cosa dice?
Si lamenta con il parroco: “Ma quella lì, come si permette di entrare nel mio compito?”. Stiamo attenti! La lezione adesso, che Gesù dà a questi chiamati. Quando tu sei chiamato da qualcuno alla festa di nozze – “tu”, si rivolge personalmente a ognuno – quel qualcuno che ti invita è Dio; quindi, la prima verità… tu non sei il padrone, sei un invitato e stai attento adesso al posto che occupi in questa comunità; in questo banchetto, c’è un solo posto disponibile, altrimenti è meglio che rimani fuori. È disponibile soltanto l’ultimo posto, non il penultimo, se scegli il penultimo tu hai già sbagliato. E attenzione, l’ultimo posto non è quella falsa umiltà, c’è stata in passato una spiritualità che suggeriva il deprezzamento di sé, sentirsi dei buoni a nulla, si insegnava a considerare l’altro superiore a sé quando non era affatto vero e questo portava a non prendere coscienza dei doni che ognuno ha ricevuto da Dio per svilupparli al massimo, per farli fruttare e porli a servizio dei fratelli.
La vera educazione cristiana non deve farci sentire dei buoni a nulla, ma dei servi attenti a chi è nel bisogno; la vera umiltà è quella di chi è sempre pronto a mettere tutte le proprie capacità e qualifiche a disposizione dei fratelli e più uno ha ricevuto dei doni da Dio, più riceverà ordini da coloro che sono suoi superiori… i poveri bisognosi del tuo aiuto e del tuo servizio. Se sei cristiano hai solo un posto disponibile, l’ultimo, quello di colui a cui tutti coloro che hanno bisogno possono dare degli ordini. Come mai l’ultimo posto è quello scelto dal servo che è Gesù, il quale è l’immagine perfetta di Dio che è servo dell’uomo. Perché dice Gesù: “A un certo punto viene colui che ti ha invitato e ti dirà, se sei all’ultimo posto: amico più avanti”. Amico, è riservato questo nome dolce a colui che accetta di essere servo di tutti, e allora “sarai esaltato davanti a tutti i commensali”. Il verbo che viene impiegato, questo “esaltato”, è molto importante nei Vangeli, compare ben 20 volte “hypsos” in greco, significa elevare, rendere grande, esaltare.
Di che elevazione si tratta? Viene applicato 7 volte a Gesù, l’esaltazione di Gesù, quando dice “sarò esaltato”, è quando Lui dà la manifestazione massima del suo amore sulla croce, quella è l’esaltazione… perché ha scelto l’ultimo posto. L’elevazione… qual era l’esaltazione che noi troviamo nei miti greci o dell’antico Medioriente? Chi era esaltato? Era colui che diventava grande in questo mondo, Eracle è esaltato da Zeus perché ha compiuto imprese più grandi di tutti gli altri, il più forte; Romolo è stato rapito in cielo in una tempesta e poi è diventato un dio perché avevo vinto, era stato grande. Questi sono i criteri di questo mondo che sono confermati dagli dèi pagani.
Il Dio di Gesù di Nazareth chi è che glorifica? Chi esalta? Gesù è stato esaltato perché è sceso all’ultimo gradino, il famoso inno del capitolo II della Lettera ai Filippesi: “Lui che è sceso e ha assunto la condizione di servo. Per questo Dio lo ha esaltato, gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome”. È stato il servo di tutti, ecco perché davanti a Dio viene esaltato, gli dei pagani esaltavano coloro che si facevano grandi, il Dio di Gesù di Nazareth, esalta coloro che scelgono l’ultimo posto. Stiamo attenti perché ci viene chiesto di fare questa scelta senza nasconderci dietro a ipocrisie, o scegli di essere cristiano o continui con la logica pagana, ma non introdurre la logica pagana nella comunità dei battezzati. Il verbo servire non è molto bello perché noi desideriamo essere serviti, questa è la nostra pulsione, ma servire significa amare e amare significa servire. Siccome si diventa uomini quando si ama, se non serviamo, non serviamo a nulla, non diventiamo uomini, rimaniamo dei primati. E dopo aver parlato del galateo che devono osservare gli invitati al banchetto di nozze, adesso viene il galateo che deve essere osservato da chi invita Gesù, cioè vuole che la comunità cristiana assuma e assimili quelli che sono i criteri di Dio nell’invitare al banchetto del regno.
Ascoltiamo: Disse poi a colui che l’aveva invitato: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”.
Adesso vengono le indicazioni di Gesù su chi deve essere invitato al banchetto. Le parole che Lui rivolge al capo dei farisei che lo ha invitato a tavola non ci risultano simpatiche, lascia che lui inviti a casa sua chi vuole, è già molto bello che inviti suoi amici e non mangi da solo con i suoi familiari. Qui, chi sta parlando non è il Gesù che in quel sabato era in una casa della Palestina, qui è il Risorto che si rivolge al fariseo che organizza la vita della comunità cristiana. Chi è il fariseo? È la mentalità farisaica esclusivista, che considera invitati degni di partecipare a questo banchetto i buoni, i giusti, i puri, i santi, gli altri devono essere degli esclusi. Abbiamo una testimonianza di questo pericolo già all’inizio della vita della Chiesa, la Lettera di Giacomo lui scrive questa lettera ai cristiani e dice: “Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito splendidamente; che entri anche un povero con un vestito logoro e voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: “Tu siedi qui comodamente”. e al povero invece: “tu mettiti là in fondo in piedi, oppure siediti qui ai piedi del mio sgabello”.
Quando voi vi comportate così, voi fate delle preferenze, che sono incompatibili nella vita di una comunità cristiana ed è esattamente ciò che accade. La persona vestita splendidamente chi rappresenta? Ma quel cristiano davvero bravo che è l’onore della comunità, quell’altro invece è il disonore, la vergogna della comunità… “sì, è un battezzato ma non è dei nostri”. Quando facciamo queste distinzioni fra chi è vestito bene e chi invece ha ancora un vestito logoro, noi organizziamo il banchetto secondo i criteri farisaici e la caratteristica del banchetto che Gesù vuole rappresentato nella comunità cristiana, è quello dell’accoglienza gratuita. Il criterio che ci viene istintivo quando facciamo del bene, è pensare al nostro tornaconto e c’è tutta una spiritualità del passato che parlava dei meriti da acquistare in paradiso, perché si faceva del bene pensando di portare questi nostri capitali all’estero.
Questo era egoismo, era mentalità farisaica. I farisei sì, parlavano dei meriti da acquistare attraverso l’osservanza della Torah, nella vita cristiana, la logica, è quella della gratuità. In questo banchetto, il punto di riferimento non è il vantaggio, l’interesse che posso ricavare anche spiritualmente, no! Il punto di riferimento è solo il bisogno dell’altro fosse anche un nemico, io sono servo per rendere felice, per donare vita a chi ha bisogno.
Ed ecco le indicazioni che Gesù dà: “Quando offri un ricevimento” … Non è più un banchetto adesso, è chiamato ricevimento “dochē”, in greco, viene da accogliere, e quindi non c’è soltanto il cibo che viene offerto come quando si invita a pranzo, qui c’è l’accoglienza, la fraternità, la cordialità, l’affetto, l’amicizia… è ciò che si deve manifestare nel vero discepolo quando svolge la sua professione a servizio del fratello. Questi aspetti di accoglienza, cordialità, gentilezza, non entrano nel contratto di lavoro, ma sono espressione del servizio, di fare sentire l’altro in alto rispetto a me che sono a suo servizio.
E adesso vediamo chi sono queste persone che Gesù vuole che entrino nel banchetto della comunità cristiana: I “poveri”anzitutto, sono coloro che hanno bisogno… di che cosa? Di tutti i doni che Dio ha posto nelle nostre mani; i poveri li avrete sempre con voi ed è bellissimo che ci siano i poveri, perché ognuno di noi ha questa povertà. Noi siamo fatti bene, non autosufficienti, per cui abbiamo bisogno dei doni che Dio ha posto nelle mani del fratello, in questo scambio di doni si crea l’amore; fossimo autosufficienti, saremmo incapaci di amare. I poveri sono al primo posto nella comunità cristiana. Noi non bastiamo a noi stessi, abbiamo bisogno del fratello e il fratello ha bisogno di noi.
Gli “storpi”… “anapeiros” in greco, che significa tentare di alzarsi verso l’alto. Ecco gli storpi chi sono… quelli che non riescono a stare in piedi, non riescono a reggersi fanno un passo e poi sono di nuovo bloccati. Pensiamo nella vita spirituale, questi storpi che siamo tentati di escludere dalla comunità… “No! – dice Gesù – fanno un passo, è già buono, hanno fatto almeno qualcosa”. I “ciechi”, quelli che non ci vedono e quindi vanno fuori strada, cadono in burroni, vanno a sbattere, fanno del male a sé stessi e agli altri perché non ci vedono, uno che è cieco e guida combina grossi guai. Le persone cieche, vanno fuori strada, non per cattiveria, perché non ci vedono! Nella comunità cristiana, il discepolo che ama è chiamato ad aprire loro gli occhi perché non facciano scelte sbagliate nella vita. Poi ci sono gli “zoppi”, quelli che camminano piano e male, danno anche fastidio, intralciano.
Questi erano tutti esclusi dal tempio del Signore, l’assemblea degli israeliti doveva essere composta da gente integra, perfetta, pura, senza difetti. Ecco la mentalità farisaica alla quale Gesù si rivolge perché la vuole escludere dalla sua comunità e dice Gesù: “Quando tu accogli queste persone sarai beato perché non hanno da ricambiarti, quindi tu agirai in pura gratuità”.
Qual è il premio che avrai nella risurrezione dei giusti? Non un gruzzoletto di meriti, no, molto di più! L’abbraccio del Padre del cielo che è servo di tutti, il quale dirà: “Sei davvero mio figlio, mi assomigli, come assomigli al mio Figlio unigenito Gesù di Nazareth che è stato l’ultimo, il servo di tutti. Nessuna ricompensa può essere più bella di questa, sentirsi figli del Padre del cielo che è servo dell’uomo.
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