23ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
- don Luigi
- 5 set
- Tempo di lettura: 13 min
Dal Vangelo secondo Luca (14, 25 – 33)
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.
Gesù si rimette in viaggio perché deve raggiungere Gerusalemme che è la sua meta, e allora ci chiediamo: dopo quello che ha proposto a coloro che lo vogliono seguire, saranno molti o pochi che hanno il coraggio di andargli dietro? La risposta più ragionevole parrebbe: saranno davvero pochi che gli vanno dietro. Sentiamo che cosa accade: In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: Vedere grandi folle al seguito di Gesù, dopo quello che ha detto, non può che sorprenderci e portarci a concludere: Ma quelli lo seguono perché non hanno capito dove sta andando, c’è stato un equivoco, forse coltivano sogni e speranze e si aspettano da Gesù ciò che Lui non ha mai promesso. E quando ripensiamo alle grandi folle che riempivano le nostre chiese, fino a qualche decennio fa, viene da pensare che anche lì forse c’era qualche equivoco, la gente si aspettava ciò che in realtà Gesù non aveva promesso: favori, protezioni da disgrazie, guarigioni, successo nella vita, grazie particolari come premio che Dio concede ai suoi servi fedeli, miracoli anche… Come mai oggi queste folle si vanno sempre più assottigliando? Ricordiamo che prima erano segnati a dito coloro che non andavano in chiesa, oggi avviene il contrario.
La risposta che ci viene più comoda è scaricare tutte le colpe sull’edonismo, sul laicismo, sul secolarismo… ed è vero. C’è chi se n’è andato e che se ne va perché ha capito la proposta fatta da Gesù e si spaventa, la ritiene troppo impegnativa e preferisce adeguarsi ai criteri di questo mondo.
Ma se ne staranno andando solo perché hanno capito ciò che Gesù chiede? Oppure ci saranno anche altre ragioni? Siamo così sicuri di aver annunciato con tutta chiarezza e lealtà il Vangelo? E non sarà forse il caso di rivedere anche tante scelte pastorali per sintonizzarle con il Vangelo? Gesù comunque, abbiamo sentito, “si volta” perché vuole vedere in faccia queste folle, perché come noi, certamente è rimasto stupito che ci fosse tanta gente disposta a seguirlo. E oggi si volta e guarda in faccia ciascuno di noi per verificare se abbiamo capito cosa ci propone. Lui non si preoccupa del numero, Lui è un innamorato che fa una proposta di vita e ci dice: “Vuoi unire la tua vita alla mia? Io dono tutta la vita, vuoi donarla anche tu insieme con me? Questa è la mia proposta”. E non vuole che ci siano equivoci, che gli si dia la propria adesione coltivando illusioni e false attese.
Sentiamo cosa dice alle folle che lo stanno seguendo: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Gesù sa che le folle che lo stanno accompagnando gli sono vicine ma non gli hanno dato la loro adesione, difatti, l’evangelista Luca non dice che seguivano Gesù, ma che “andavano a Lui”. Il verbo “seguire” indica, nei Vangeli, la scelta di diventare discepoli, qui no, qui si dice che “andavano da Lui”, cioè erano attratte dalla sua persona, provavano un certo interesse, una certa simpatia… e questo lo si comprende perché Gesù è una persona bella ed è impossibile rimanere indifferenti quando lo si incontra, tuttavia, Gesù vuole che poi la gente vada oltre questa simpatia iniziale. Anche oggi sono tante le persone che “vanno a Gesù”, cioè che sono attratte dal Vangelo, dalla sua persona, anche da ciò che si muove attorno a Lui nella comunità cristiana. Si può andare da Lui per qualunque ragione, e questa è una cosa bella, anche se la motivazione non sempre è molto esatta … qualunque sia la ragione è una cosa buona andare a Gesù. Del resto, anche gli apostoli, non è che siano stati attratti da Gesù perché avevano capito che dovevano seguirlo e andare a donare la vita! Si aspettavano ben altro, però anche loro sono stati attratti dalla bellezza della persona di Gesù.
Dopo che si è giunti a Lui però, bisogna andare oltre, capire bene cosa propone. Lui è un innamorato molto esigente, difatti adesso noi sentiremo tre richieste che fa e sono presentate da Luca con espressioni molto dure perché non vuole che si confonda la scelta di seguire Lui con qualche entusiasmo passeggero.
Gesù non si accontenta di innamoramenti effimeri come quelli che sono descritti in modo molto efficace dal profeta Osea che impiega questa immagine e dice: “Il vostro amore israeliti, è come una piccola nube del mattino, come la rugiada che quando arriva il primo raggio di sole subito svanisce”. La chiarezza con cui Gesù fa la sua proposta è molto attuale per noi oggi, noi lo sappiamo, viviamo in una società dove regna una mentalità che non incoraggia le scelte definitive, irreversibili, coraggiose; le scelte affettive, per esempio, sono provvisorie, si tira avanti finché durano, se non si è gratificati si cambia, poi si cambia ancora… e ci si chiede: “perché devo impegnarmi a costruire una famiglia quando si vede che tutto è così aleatorio?”
Ecco la prima richiesta che abbiamo appena ascoltato, la richiamiamo: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, sua madre, la moglie, i figli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. Una frase scioccante, provocatoria, proprio di quelle di cui ci sarebbe tanto bisogno anche oggi per scuotere le coscienze di tanti cristiani; purtroppo non tutti i predicatori hanno il coraggio di ricorrere a queste frasi, forse perché hanno paura che poi si svuotino le chiese, le chiese si svuotano anche perché non si ha il coraggio di presentare il Vangelo nella sua durezza, quando è necessario. Difatti, a volte sorridono di quella che pensano sia la proposta cristiana, ma quando ascoltano la proposta vera che fa Gesù di Nazareth, la gente può dire “non me la sento di accettarla”, ma non possono dire che non è seria. Ecco l’importanza di impiegare certe frasi. Luca difatti ce la propone, questa prima richiesta che Gesù fa con una espressione che è volutamente scandalosa, dice di “odiare il padre e la madre e anche di odiare la stessa vita”. Cosa significa? Se noi andiamo nel Libro del Deuteronomio al capitolo 21, 15, siamo in una società dove è contemplata la poligamia e nel libro del Deuteronomio, si dice: “Se un uomo ha due mogli, l’amata e l’altra odiata”.
E poi si tratta di lasciare l’eredità, il primogenito era quello dell’odiata, il secondogenito o altri figli sono quelli dell’amata, la favorita e, dice il testo della Torah: “Tu non puoi dare l’eredità del primogenito al figlio dell’amata, della favorita, tu lo devi dare al figlio dell’odiata, perché è quello il primogenito, anche se adesso non è più la favorita”. Ma “quell’odiata” non significa che lo sposo la odiava, significa che è passata in secondo piano perché è entrata un’altra donna che è diventata l’amata; l’altra non è odiata, è semplicemente quella amata di meno.
Che cosa intende Gesù con questa espressione provocatoria? Non si dice che bisogna rinunciare a tutti gli affetti più belli e ai legami più sacri che conosciamo, come quelli della famiglia, però che cosa accade quando un ragazzo si innamora di una ragazza e decide di sposarla? Fa quello che dice il Libro della Genesi: “lascia il padre e la madre”. Non è che non li ama più, o che diminuisce il suo amore, che li dimentica, che li ripudia…no! È che nei loro confronti si instaura un rapporto d’amore nuovo, un amore diverso da prima. Prima amava i genitori e da bambino, da adolescente decideva tutto insieme dipendendo dai genitori, erano loro che decidevano a che ora doveva tornare a casa il sabato sera; adesso, quando si sposa, i genitori non hanno più il posto di prima, passano in secondo piano, non perché non sono amati, ma perché quello è il loro posto; il primo posto adesso è occupato dalla sposa, è con lei che lo sposo decide tutto, si consiglierà con i genitori, terrà conto del loro parere, ma non sarà mai condizionato da loro perché al primo posto adesso c’è l’amata, la sposa. Nella mia terra, si dice che la nuova coppia deve costruirsi la casa in un punto tale da non vedere il fumo della casa dei genitori, dei suoceri. Luca impiega il verbo “odiare” per dire che il taglio deve essere netto, non ci devono essere tentennamenti, tutto va deciso con Lui; Lui vuole essere l’unico riferimento di tutte le scelte della vita.
È difficile per noi capire quanto fosse forte e anche condizionante il legame con la famiglia ebraica al tempo di Gesù, non per niente, la famiglia era chiamata anche “casa”, la “casa di Davide”, perché la casa è il simbolo della protezione, della sicurezza, e quando la famiglia ebraica ti ripudiava tu rimanevi solo, eri senza appoggi, senza protezione, perdevi anche il diritto all’eredità. Il legame con la famiglia dal quale bisogna fare un distacco, indica la tradizione, ciò che si è sempre fatto, che può essere giusto o sbagliato, ciò che si è sempre creduto. È molto attuale per noi perché certe pratiche apprese dalla tradizione, certe devozioni, certi modi di pregare, hanno avuto in passato la loro ragione di esistere, la loro funzione, ma quando si incontra Cristo e il suo Vangelo, tutto il resto passa in secondo piano e deve essere rimesso in discussione se non è in sintonia con la Parola di Dio. Gesù ha dato l’esempio di questo distacco con la famiglia, ricordiamo, ha lasciato Nazareth, sua madre, i parenti, un villaggio con una mentalità tradizionalista, con la quale poi Lui è entrato in conflitto. La sua famiglia ha tentato di riportarlo a Nazareth, ma Gesù ha detto: “C’è una nuova famiglia adesso, quella di coloro che ascoltano e mettono in pratica la mia Parola”. È la vecchia famiglia naturale, che non viene ripudiata, ma deve entrare in questa nuova famiglia. E continua Gesù dicendo: “è necessario odiare perfino la propria vita”. Qui viene impiegato il termine “psuchè” che significa rinunciare a “sé stesso”, “la propria identità”. Qui sta dicendo ciò che Gesù ha già detto: “bisogna rinunciare al ripiegamento su se stessi, sul proprio tornaconto e quindi rimettere in causa le scelte che ci spingevano a pensare al nostro interesse.
Sentiamo adesso una seconda condizione: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Portare la propria croce è una metafora che conosciamo tutti molto bene perché è entrata nel linguaggio comune, per indicare le inevitabili difficoltà che ogni giorno dobbiamo affrontare: malattie, incomprensioni, problemi familiari… Ma nel Vangelo, la parola “croce” non indica le piccole o grandi contrarietà della vita e tantomeno indica la sofferenza che dobbiamo accettare per offrirla a Dio! L’immagine della croce indica il vertice dell’amore, cioè la disponibilità a mettere, come Gesù ha fatto, tutta la propria vita a disposizione del fratello. Portare la croce significa portare il peso che comporta questa scelta, perché devi mettere in conto che ci saranno delle conseguenze non sempre piacevoli, se segui colui che ha sconvolto i criteri di questo mondo. Portare la croce significa essere disposti a tutto per rimanere fedeli al Vangelo: una gravidanza problematica; i tuoi sogni e i tuoi progetti; la scelta del perdono; dell’amore al nemico; di vendicarti; di accettare il disprezzo della società nella quale vivi; accettare di essere derisi. Quando Gesù è arrivato nella casa del capo della sinagoga e ha detto “la fanciulla dorme, non è morta” per Gesù la morte non esiste, scoppiano tutti a ridere; oggi, dichiarare che si crede nella vita oltre questa vita, può portare ad essere derisi. La croce è tutto questo, ma attenzione, non è la sofferenza che uno cerca, ma c’è una sofferenza che inevitabilmente accompagna la scelta di essere fedeli al Vangelo, va quindi messo in conto e Gesù vuole che questo sia molto chiaro.
Adesso Gesù deve avanzare una terza richiesta che è impegnativa e scioccante che sente il bisogno di introdurla con due brevi parabole. Nelle campagne palestinesi si erigevano ovunque torri di guardia per proteggere i frutteti, le vigne dai ladri e per conservare gli attrezzi di lavoro. Se ne vedono ovunque ancora oggi, chi viaggia per la Samaria nota dei resti di torri che risalgono addirittura al tempo di Gesù, ma non è a queste torri che Gesù fa riferimento perché queste non richiedevano una grossa spesa.
Che cos’è la torre? Ha un significato simbolico, è una costruzione che richiama il distacco dalla terra e l’elevarsi verso il cielo; costruire una torre significa volersi mettere in vista, farsi notare, mostrare che si è superiore agli altri, non ci si trova a livello dei comuni mortali. C’è un uomo che è proprio l’emblema di questa ricerca della gloria nella costruzione di torri… Erode il grande, ne ha costruite ovunque. Quelle del suo palazzo a Gerusalemme, erano tre le torri che vengono descritte nei dettagli dallo storico Giuseppe Flavio, quella di Mariamme la sposa favorita, quella di Fasaele, è la più bella delle tre torri, aveva il nome del fratello di Erode, dice Giuseppe Flavio: “In bellezza poteva competere con il faro di Alessandria”.
Ecco la torre, immagine della ricerca della gloria di questo mondo, l’ideale dell’uomo greco, raggiungere la gloria, la “doxa”. C’erano due modi per ottenere la gloria, il primo modo era quello di compiere gesti eroici, vincere battaglie, sconfiggere i nemici; l’altro modo era quello di fare costruzioni per ricordare il proprio nome ai posteri, costruire delle torri, dare il nome a città, c’erano almeno 30 “Cesaree” nell’Impero Romano, anche il Salmo 49 ricorda questa gloria di chi ha dato il nome alle terre e alle città.
Erode, che incarnava proprio questo ideale greco di ricerca della gloria, voleva essere glorioso anche da morto, difatti ha costruito la sua tomba all’”Herodion” rivolta verso Gerusalemme; questa tomba era alta 25 mt, quindi un palazzo di otto piani, ed era di marmo bianco, per cui dal Monte degli ulivi la si poteva contemplare. La Bibbia impiega in senso metaforico il significato della torre, quando gli uomini vogliono farsi un nome, costruiscono la torre a Babilonia, una torre che arrivi fino al cielo, sono i superuomini che vogliono sostituire addirittura Dio. Anche Gesù ha voluto diventare glorioso, ricevere la gloria, ma di che gloria si tratta?
Al capitolo terzo della Lettera ai Corinzi, Paolo parla di questa valutazione della costruzione, perché può essere fatta d’argento, oro, pietre preziose, ma anche di paglia, poi arriva il fuoco, alla fine, che mette alla prova la costruzione… regge o non regge. Gesù ha già detto che per acquistare la gloria sulla torre che Lui propone, non bisogna salire in alto ma scendere in basso all’ultimo gradino, non bisogna dominare ma servire; quindi, è una gloria che è l’opposto di quella che diventa l’ideale per un uomo greco. Si tratta allora di investire sulla torre che Gesù propone e bisogna pensarci bene, è questo che Gesù vuole farci capire perché non vuole che poi dopo avendo cominciato costruire la torre che Lui propone, lungo gli anni poi uno si penta del tempo che ha perso in questa costruzione, ha dei rimpianti. Allora dice Gesù: “Prima di iniziare a costruire il progetto di torre che io ti propongo siediti e rifletti, pensaci bene”. E se non senti il bisogno di riflettere, vuol dire che non hai capito che progetto di torre Lui ti mette davanti e fra poco, quando ti dirà quanto costa questa torre, se tu non sei seduto su una sedia potresti avere un mancamento.
Ma prima di dirci prezzo, racconta un’altra parabola, quella del re che deve fare una guerra e deve valutare se ha le forze per vincere contro questo nemico; difatti c’è una guerra da combattere contro due nemici, il primo è dentro te stesso, quella pulsione che ti porta a dimenticare il fratello, a pensare a te stesso, al tuo tornaconto, a ciò che ti piace ed è una lotta che tu devi combattere… “hai le forze, valuta bene le tue forze”. E poi dovrai combattere anche contro un nemico esterno perché la mondanità continuerà a farti le sue proposte e ti creerà un sacco di problemi… hai le forze?
Queste due parabole sembrano un invito a rinunciare alla vocazione cristiana, ma Gesù non vuole scoraggiare, vuole soltanto mettere in chiaro che ci sono delle difficoltà, quindi non farti illusioni, c’è una lotta da combattere. E adesso, butta lì il prezzo del prodotto, e se tu non vuoi spendere devi accontentarti di ammirarlo, come quando si fa la window-shopping come dicono gli inglesi, passi davanti alle vetrine, ammiri il prodotto, ma poi non vuoi spendere e allora lo compri con gli occhi.
Tutti questi discorsi che Gesù fa è per arrivare adesso a buttar lì la terza richiesta, sentiamola: Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.
Ha impiegato un po’ Gesù per dirci il prezzo. Ecco l’ultima offerta del prezzo della torre… costa tutto ciò che hai! Se vuoi spendere di meno, scegli altre torri… vuoi la gloria negli stadi, nello sport; oppure vuoi la gloria del grande direttore di banca, di fronte al quale tutti si inchinano, tante segretarie; oppure la gloria di chi vuole ostentare tutta la sua ricchezza, allora compra il mega-yacht da 100 mt. poi sale e tutti lo possono ammirare. Dice Gesù: fa attenzione, perché tutte queste torri hanno un problema serio… la tenuta. Non reggono all’usura del tempo, negli stadi i tuoi dribbling a 35 anni, non sono più quelli di 20 e allora gli applausi cominciano ad affievolirsi; il direttore di banca, tanta gloria, quando va in pensione non ti telefona più nessuno; il tuo mega-yacht, a una certa età non salì più tu, salgono altri e di te non si ricorda più nessuno… l’usura del tempo di queste torri! Gesù ti propone la sua “costa tutto ciò che hai” e per costruire questa torre dovrai fare anche una guerra – eccola la seconda immagine – la guerra è contro l’attaccamento ai beni, la bramosia di avere sempre di più, la pleonexia, come dice ancora Luca nel suo Vangelo, l’avere sempre di più.
È una guerra che tu devi fare con questa pulsione che ti porta a trattenere per te e a non pagare il prezzo della torre sulla quale tu sei davvero glorioso, la torre di chi ama, di chi dona tutto per amore. La proposta che Gesù fa non è rivolta a qualcuno, a chiunque voglia essere suo discepolo, deve rinunciare a tutti i suoi beni, all’impiego dei beni, pensando a sé stesso, i beni sono impiegati tutti per amore.
Non sta facendo Gesù una proposta di rinuncia per la rinuncia, non ti chiede di rinunciare alla felicità, ma ti propone la vera gioia, la gioia di chi dona tutto, come Lui propone, per costruire amore e alla fine tu sei davvero glorioso, è la gloria di Gesù che si è fatto servo di tutti, che non ha trattenuto nulla per sé stesso, è la gloria di Dio che dona tutto e si fa servo dell’uomo. Questa è la vera gioia.
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