25ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
- don Luigi
- 19 set
- Tempo di lettura: 13 min
Dal Vangelo secondo Luca (16,1-13)
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
Il capitolo 16 del Vangelo secondo Luca, è tutto dedicato alla gestione dei beni di questo mondo… “i soldi”, quindi è un argomento che ci coinvolge subito. Qualcuno forse ritiene che si tratti di un argomento poco spirituale, invece per Gesù, la gestione dei beni riguarda proprio la vita spirituale. Quando noi diciamo “quello è un monaco di vita spirituale”, intendiamo forse… è uno che fa molte preghiere, meditazioni, passa il tempo in contemplazione… cose belle. Per “vita spirituale” intendiamo una vita mossa dallo Spirito, mossa dalla vita divina che ci è stata donata, da quella pulsione di amore che ha animato tutta la vita di Gesù, questa è una vita spirituale; all’opposto, noi abbiamo una vita che Paolo chiama “carnale”, cioè mossa dall’egoismo, quella pulsione che ci viene più naturale, pensare a noi stessi, fare tutto ciò che ci piace.
È proprio di fronte ai beni che noi abbiamo la manifestazione di queste due vite: le scelte mosse dallo Spirito e le scelte mosse dalla carne, dall’egoismo. Siccome la riuscita e il fallimento di una vita, sia per il mondo che per Gesù, la si decide in rapporto a questi beni, ecco che Gesù dà molta importanza all’argomento. Quand’è che una persona, noi diciamo, ha avuto successo nella vita, è una persona riuscita? Il mondo dice: questa è una persona che davvero ha vissuto quando ha riempito la sua vita di beni, quando muore straricco, ha titoli onorifici, soldi, tante lauree… questa è una persona di successo, ha molto!
Gesù, fin dall’inizio della sua vita pubblica, ha detto qual è la vita riuscita; con il termine “beato” si intende “complimenti, hai indovinato la vita” e la prima parola che Gesù pronuncia è proprio questa “beati voi poveri”, voi che avete fatto la scelta di arrivare al termine della vostra vita senza niente, perché per amore avete consegnato tutto. Coloro che il mondo chiama persone di successo, per Gesù sono dei falliti. Eccole le due vite! E poi ritorna sull’argomento Gesù, al capitolo 12 di Luca: “Fate attenzione, tenetevi lontano dalla bramosia”, da quella bramosia di avere sempre di più, di accumulare per voi stessi. È l’opposto della vita spirituale che Gesù propone, lo Spirito non ti porta alla bramosia, ad accumulare, ma a consegnare questi beni. Gesù tornerà sull’argomento perché è molto importante, la riuscita o il fallimento di una vita lo si decide in questa scelta che si fa della gestione dei beni. Quando si presenterà quel notabile, il quale gli dirà: “Io ho osservato tutti i comandamenti”. E Gesù gli dirà: “Ti manca ancora una cosa, vendi tutto ciò che hai, distribuiscilo ai poveri”.
Il capitolo 16 inizia proprio con la parabola del Vangelo di oggi, ascoltiamo: Diceva Gesù ai discepoli: “Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. La parabola, lo abbiamo sentito, non è rivolta a tutti… è rivolta ai discepoli. Gesù non pretende che tutti possano capire e accogliere la sua proposta sulla gestione dei beni di questo mondo, sa che i pagani continueranno a comperare e a vendere secondo le leggi del mercato; si rivolge ai discepoliperché loro possono capire e se daranno l’adesione alla sua proposta, avranno indovinato la vita… ecco la fortuna del discepolo di aver incontrato Cristo.
Nella parabola entrano in scena subito due personaggi, il “latifondista e il suo amministratore”. Il latifondismo in Israele al tempo di Gesù era molto diffuso, in Israele ci sono tre grandi pianure. Queste pianure non appartenevano ai poveri contadini, erano possedute dai latifondisti, i quali non vivevano in Israele ma nelle grandi città dell’impero, Alessandria, Efeso, Antiochia e chi gestiva queste proprietà erano gli amministratori Per comprendere la parabola dobbiamo tenere presente qual era il rapporto fra il latifondista e il suo amministratore. L’amministratore pattuiva con il padrone una certa quantità di prodotto da consegnare, ciò che riusciva a ottenere in più dagli agricoltori rimaneva nelle sue mani, era la sua commissione. Queste faccende si prestavano a sotterfugi, imbrogli, falsificazioni ed infatti le furberie e le truffe erano all’ordine del giorno, come ci testimoniano gli storici, Giuseppe Flavio, per esempio. Questi amministratori infatti, erano in genere persone senza scrupoli che avevano un unico interesse, quello di guadagnare più soldi possibile.
Chi è il padrone? È Dio. Questa è la prima verità da tenere presente, perché se si cade nella menzogna di ritenere che qualcosa non sia di Dio ma sia nostro, succedono tutti i guai, perché se non ci sentiamo padroni di qualcosa, siamo in diritto di gestirlo secondo i nostri criteri che sono quelli di ripiegarci su noi stessi, di vendere, comperare, di arricchire, di accumulare perché sono beni che noi possiamo negoziare; se invece sono di Dio, hanno dei destinatari ai quali devono essere consegnati. Questa è la prima verità da tenere presente, il padrone è Dio, come dice il Salmo 24, al primo versetto: “Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti”.
Nel libro dell’Esodo, quando Mosè si presenta al Faraone perché c’è la grandine che non finisce più, Mosè dice al Faraone: “Quando io alzerò la mano, la grandine cesserà perché tu devi capire che non sei tu il padrone della terra, la terra non è tua, la terra è del Signore”. E anche al capitolo 19 dell’Esodo, quando Dio parla al suo popolo e dice: “Io vi ho scelto perché la terra è mia”. Ecco la verità che il discepolo deve assimilare perché è da questa verità che nasce poi il comportamento giusto nel modo di gestire i beni. Al capitolo 4 della prima lettera ai Corinzi, Paolo dice a questi membri della comunità che sono orgogliosi per le loro capacità, dice: “Ma tu che cosa possiedi che non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se fosse tuo?”. Nella prima lettera a Timoteo, al capitolo 6: “Nulla abbiamo portato nel mondo – noi abbiamo trovato tutto preparato per noi perché il Padre del cielo ha voluto che i suoi figli avessero il necessario per una vita degna da figli di Dio – e da questo mondo non possiamo portare via nulla”. E poi continua il suo ragionamento con molta saggezza: “Quando abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci, perché se cominciamo a lasciarci prendere dall’ansia dall’accumulo combiniamo un’infinità di guai”.
Secondo personaggio: l’amministratore. È l’uomo che deve mettersi bene in mente di non poter gestire quei beni secondo i propri criteri, deve tenere presente qual è il destino di questi beni secondo la volontà del padrone e deve tenere presente che, a un certo punto di questa amministrazione, lui dovrà rendere conto perché l’uomo è un pellegrino, è uno straniero, un viandante, non un vagabondo, ha una meta da raggiungere e nel suo cammino gli appartiene la terra che sta calpestando, quando fa un passo avanti, quella terra appartiene già a qualchedun altro. E allora, come gestire questi beni? Nella prima lettera di Pietro al capitolo 4, si parla dell’uomo come amministratore e parla a dei discepoli che hanno già capito quindi e dice: “Come buoni amministratori, ciascuno di voi metta i doni che ha ricevuto a servizio dei fratelli che sono nel bisogno”. E anche al capitolo 4 della prima lettera ai Corinzi, Paolo si presenta non come padrone, ma come amministratore dei tesori di Dio. Questa è la coscienza che noi dobbiamo prendere, non siamo padroni ma amministratori.
L’amministratore viene chiamato dal padrone perché deve rendere conto. Quello che adesso preme a Gesù è farci capire che a un certo punto questa amministrazione finisce e per far finire l’amministrazione, tira in ballo una truffa che l’amministratore ha compiuto. “Cosa sento dire di te? Non puoi più amministrare!” Bene, dicevo che gli imbrogli, i sotterfugi, le falsificazioni erano all’ordine del giorno; in questo caso i fatti sono evidenti, le accuse incontestabili… l’amministratore è cacciato. Eccolo adesso il punto, la ragione in fondo per cui è cacciato non interessa, quello che a Gesù preme è dirci: “Fai attenzione, tu sei amministratore, ma a un certo punto sei chiamato a rapporto e l’amministrazione finisce. Entri in una condizione nuova, quindi in questa nuova vita, la nuova realtà, tu non puoi più contare sui beni di prima che sono passati ad altri, non saranno più tuoi, devi pensare al tuo futuro, alla tua nuova vita”. Questa è l’unica cosa che Gesù vuole che noi teniamo presente, se non teniamo presente che l’amministrazione finisce, la tentazione di affidare la nostra vita all’accumulo dei beni sarà irresistibile. Questo amministratore adesso ha capito: “l’amministrazione mi viene tolta”, è il discepolo che ha capito e allora deve pensare alla vita futura, sa che quando esce dalla stanza, dall’ufficio del padrone, lui non avrà più nulla. Come tirare avanti nella vita che lo aspetta?
Sentiamo cosa pensa di fare l’amministratore della parabola: L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. …Ho capito cosa devo fare, affinché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Nella seconda parte della parabola, noi ascoltiamo il soliloquio di questo amministratore che ha capito: “Io non posso più amministrare e devo pensare al mio futuro, alla mia nuova vita – e si chiede – che farò?” È la domanda questa, che ogni cristiano si deve porre se ha preso coscienza della transitorietà della vita, cioè che l’amministrazione a un certo punto ti viene tolta e allora chiediti: “Che farò se devo prepararmi una nuova vita? Se penso al mio futuro?” Se non pensi al tuo futuro fai certamente quello che vuoi e non agirai con saggezza perché non tieni presente una verità innegabile… la vita ha un inizio e una fine. E ora poniti questa domanda: “Che farò io delle mie capacità, della mia posizione sociale? Che farò io della mia abilità professionale se penso al mio futuro, a prepararmi la nuova vita? Che farò io delle mie lauree?” Perché queste cose sono tutte a scadenza, anche che le mie lauree, ad un certo punto non conteranno più nulla, allora che farò? L’agricoltore valuta tutte le soluzioni… la prima: “zappare”. La esclude subito perché conosce la fatica dei suoi braccianti, li ha visti lavorare, li ha sfruttati senza scrupoli e poi dice: “per quanta fatica io faccia, non riesco a mantenermi in vita, quindi è tutto inutile”. Altra possibilità: “cominciare a mendicare”. Ma io sono una persona che ha sempre avuto una grande dignità, tutti si inchinavano davanti a me, non posso farmi vedere a mendicare. Continua ad arrovellarsi, pensa anche alla commissione che lui deve ancora riscuotere, il padrone non lo sa, la commissione esorbitante che lui esigeva dagli agricoltori, il padrone è già contento che adesso le campagne sono ancora di nuovo tutte sue, ma non sa che l’amministratore può riscuotere la commissione e pensa: “mi prendo i soldi”.
Ma i soldi possono svalutarsi, me li possono rubare; l’olio, il grano… il grano lo posso mettere nei miei magazzini, ma se non lo vendo subito, poi magari arriva la stagione umida, prende la muffa e non me lo compera più nessuno. Sono inaffidabili questi beni. Continua a pensare e a un certo punto… il colpo di genio, si accende nella sua mente la lampadina: “ho capito cosa devo fare!” È scattata nella sua mente la luce che gli ha fatto capire che cosa fare; è quel colpo di genio che ognuno di noi deve avere, se pensa a come gestire questi beni pensando al futuro. Qual è il colpo di genio? Punto sugli amici! Il grano può marcire, i soldi essere rubati, gli amici no. Questo è stato il suo colpo di genio: punto sul farmi gli amici.
La terza scena della parabola avviene nella casa dell’amministratore che ha convocato tutti i suoi dipendenti. Costoro devono consegnare la quantità di prodotto pattuita e questa include la parte che spetta al padrone, questa l’amministratore non la può toccare perché l’amministrazione gli è stata tolta, ma c’è un’altra parte, quella che spetta a lui, la sua commissione, gli agricoltori gliela devono consegnare. Che cosa fa? Lui rinuncia alla parte che gli spetta per farsi degli amici, ha capito che lo aspetta una vita in cui non conterranno quei beni, ma conterranno gli amici, difatti il primo che si presenta è un coltivatore di ulivi, dai calcoli doveva coltivarne più o meno 150.
Poi si presenta il secondo, è uno che deve presentare al padrone 100 misure di grano, 55 q di grano. L’amministratore gli dice: “scrivi 80”. 20% risparmiato, quindi doveva consegnare al padrone 55 q di grano, 11 q adesso rimangono a lui. L’amministratore, dicevo, ci ha rimesso del suo, ma si è fatto degli amici… ha fatto la scelta giusta? È stato intelligente, saggio? Adesso Luca ci riferisce il giudizio di Gesù, il Signore, sulla decisione presa da questo amministratore, sentiamo: Il Signore lodò … Non è il padrone, è il Signore Gesù che elogiò la scelta fatta da questo amministratore, che saggio – dice Gesù – non ha puntato sulla ricchezza, ma sul farsi degli amici e non dice che è un amministratore disonesto, come qualche traduzione afferma, ma che è un “amministratore dell’ingiustizia”. Cos’è questa ingiustizia? È il giudizio pesante che Gesù dà sulla ricchezza. Quando noi amministriamo dei beni di questo mondo, lì c’è dentro dell’ingiustizia. Più avanti noi sentiremo Gesù dire denaro dell’ingiustizia, ricchezza piena di ingiustizia.
Il cristiano deve mettere in conto che inevitabilmente maneggia denaro e proprietà che sono impigliati nell’ingiustizia e non si deve spaventare, è un dato di fatto, ma può recuperare alla giustizia tutti i beni impiegati male. Questo amministratore ha agito con saggezza, non con scaltrezza: lui non ha rubato nulla al padrone, ci ha rimesso dal suo. Gesù dice: “Che bravo, che scelta intelligente tu hai fatto, hai puntato sugli amici, hai capito che nella vita futura non sono le ricchezze che contano, sono gli amici”.
E adesso viene una breve riflessione di Gesù che interrompe il racconto, dice Gesù, credo con un certo umorismo: “I figli di questo mondo…” sono i pagani, coloro che gestiscono i beni secondo i criteri della mondanità, comprano e vendono secondo le leggi del mercato, dice Gesù: “costoro sono più abili dei figli della luce”… che siamo noi. Cosa intende dire? Osservate, questa gente del mondo, quando maneggia il denaro, quando concludono affari, ammettetelo… sono abili, loro mettono in atto tutte le loro capacità e le indirizzano per il loro obiettivo, per i loro scopi, e il loro obiettivo è quello di accumulare ricchezza e ci riescono molto bene, ce la mettono proprio tutta. Gesù dice: “i figli della luce dovrebbero mettercela tutta anche loro invece, in confronto ai figli di questo mondo sono molto più fragili, gli altri ce la mettono tutta, questi molte volte sono indecisi nel seguire il Vangelo e in questa costruzione di un’umanità nuova, dove i beni sono gestiti secondo i criteri del Signore. Mi pare – dice Gesù con un certo umorismo – che i figli di questo mondo siano più interessati loro ad accumulare ricchezza, che voi ad accumulare beni in cielo.
E adesso viene l’applicazione della parabola che Gesù fa ai discepoli, quindi a noi oggi. Abbiamo ascoltato 4 suggerimenti che il Signore dà a noi oggi. Il primo è il più importante, perché è la sintesi del messaggio che Lui voleva dare con la sua parabola, ha detto: “Fatevi degli amici con la ricchezza dell’ingiustizia”. Questo è il modo di impiegare i beni di questo mondo, farsi degli amici.
La chiama “ricchezza dell’ingiustizia”, non è che è ingiusta in sé, ma lo diventa non appena comincia a essere gestita come nostra proprietà, allora poi ne facciamo ciò che vogliamo, cominciamo ad accumularla… questo è l’errore! Distribuiscila per farti degli amici. Gesù non condanna i beni di questo mondo perché è proprio attraverso i beni di questo mondo che noi creiamo amore, ma nel denaro accumulato è sempre presente qualche forma di ingiustizia, di sfruttamento, appropriazione indebita; Gesù ci insegna a purificare la ricchezza ingiusta, quando tu la distribuisci per creare amore, questa diventa buona, anche se c’era dentro dell’ingiustizia.
Poi altri 2 suggerimenti che dà, che ci mettono a riflettere, Lui mette in contrapposizione due realtà: “i beni di questo mondo e i beni del mondo futuro”. Fate attenzione, dice Gesù, perché i beni di questo mondo non è che durano per sempre, sei tentato di considerarli un assoluto e quindi di idolatrarli, è un pericolo, pensa ai beni del mondo futuro. Difatti in questa contrapposizione, quelli di questo mondo li chiama “cose di poco conto”, non è che contino poco, sono importanti, ma il rapporto a quel “molto” lo chiama, quelli del mondo futuro, questi davvero sono di poco conto, è l’invito a non idolatrarli, considerarli un assoluto.
Sant’Ambrogio diceva bene: “Non dobbiamo considerare ricchezza ciò che non possiamo portare via con noi, perché ciò che dobbiamo lasciare qui in questo mondo non ci appartiene, è degli altri”. Ecco la ragione per cui Gesù le chiama “cose di poco conto”, non durano per sempre. E poi dice “ricchezza disonesta”, ho già spiegato in che senso la chiama disonesta, perché c’è sempre dentro dell’ingiustizia. Chiama invece quella “vera”, quella del mondo futuro. E poi chiama i beni di questo mondo “ricchezza altrui”. Questo è bellissimo perché è di Dio e ha consegnato nelle nostre mani questi beni, questa ricchezza… hanno dei destinatari, appartengono ad altri; se uno mi consegna un pacco da consegnare a un destinatario e io lo trattengo per me, sono un ladro… ecco Gesù la chiama “ricchezza altrui”, perché tu la devi consegnare. E allora, quella del mondo futuro che è la vostra, diventa vostra la ricchezza che tu hai consegnato, quella possiamo portare con noi nel mondo futuro.
Ultimo detto, ultimo suggerimento del Signore: “Stai attento, non si può servire a due padroni, o si ama l’uno e si odia l’altro, o viceversa. Non si può servire Dio e mammonà”, la ricchezza, i beni. Noi vorremmo adorare tutti e due questi dei, metterli d’accordo… non è possibile perché danno ordini opposti! Il denaro ti dice: “Io sono il tuo dio, tu devi pensare a me, io ti do tutto quello che mi chiedi. Tu chiedi a Dio, non ti fa miracoli, ma io faccio miracoli, qualunque cosa tu voglia da me io te la do”. Questo è l’inganno che ti porta a idolatrare le realtà di questo mondo.
Gesù ti dice: “Impiegali in modo saggio, il denaro è buonissimo ma è un servo quando ti è utile per crearti degli amici, per creare amore”. I due dèi non possono coesistere insieme perché il denaro ti dice accumula, sfrutta, imbroglia anche, se necessario perché così avrai sempre più beni; Dio ti dice il contrario, distribuisci, condividi, fatti delle persone amiche perché tu hai dato loro vita con i beni che Dio ha messo nelle tue mani.
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