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27ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

  • Immagine del redattore: don Luigi
    don Luigi
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 13 min

Dal Vangelo secondo Luca (17, 5-10)

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».

Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?

Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

 

Per comprendere le parole di Gesù che ascolteremo nel brano evangelico di oggi, dobbiamo collocarle nel contesto in cui Lui le ha pronunciate. È in viaggio verso Gerusalemme insieme con i discepoli e sta facendo delle richieste sempre più impegnative a coloro che lo vogliono seguire. Come quando ci si sposa, uno si innamora e lascia il padre e la madre, continua ad amarli ma adesso tutte le scelte, tutte le decisioni, sono prese insieme con la persona amata. E Gesù è un innamorato che non accetta che ci siano altri amanti nel cuore del discepolo! Lui è un innamorato molto esigente. Poi ha chiesto a chi vuole essere suo discepolo, di “rinunciare a tutti i beni, di donare tutto ciò che possiede a chi è nel bisogno”e, proprio nel versetto che precede il brano evangelico di oggi, ha chiesto la disposizione al perdono incondizionato.

Ha detto: “Se tuo fratello pecca contro di te sette volte al giorno, tu sette volte gli devi perdonare”. Gesù ha suggerito di porsi questa domanda, ha detto: “Uno, prima di costruire una torre, valuta se ha i soldi per non far la figura di cominciare e poi dover piantar lì tutto, fermarti a metà strada… valuta le tue forze. Oppure “chi deve fare una guerra, valuta se ha un esercito sufficiente”.

E quindi, colui che vuole seguire Gesù si deve porre questa domanda e se non se la pone, vuol dire che non ha capito che cosa Gesù gli propone e difatti, gli apostoli che hanno capito, hanno concluso: “Vorremmo seguirlo, ma ci sentiamo deboli, fragili, siamo vacillanti, siamo disposti sì a fare qualcosa, ma proprio tutto no, perché sta richiedendo un po’ troppo”. Seguono Gesù, ma non sono proprio ancora del tutto convinti, ecco la ragione per cui rivolgono a Gesù una richiesta. Sentiamola: gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Finalmente questi discepoli si sono resi conto di avere poca fede. Alla donna Cananea, Gesù aveva detto: “Donna, grande è la tua fede”. Ai discepoli invece, ha ripetuto varie volte: “Siete uomini di poca fede”. Per esempio, quando li ha visti affannarsi per il cibo e per il vestito ha detto: “Ma tenete presente, se Dio veste così l’erba del campo che oggi c’è e domani è gettata nel forno, quanto più si interesserà di voi, gente di poca fede”; oppure quando li ha visti spaventati dalle onde del mare che non sono le onde del lago di Tiberiade, sono le burrasche della vita, le burrasche che vediamo nella società, nella chiesa, perdita di valori, e uno si spaventa perché dimentica che Dio accompagna la storia dell’umanità e non crede, la sua fede è fragile. Gesù dice a queste persone che si spaventano, che credono di essere loro a dover affrontare le burrasche del mondo da soli, dice: “Siete persone di poca fede”.

Anche a Pietro, quando Gesù lo invita ad andare verso di Lui, perché Pietro segue i suoi sogni, Gesù gli dice: “Vieni verso di me”. e Pietro inizia ad andare verso Gesù, cioè verso la sua proposta che è il dono della vita, ma poi si spaventa, ha paura di morire, di perdere la vita, non nelle onde del lago di Tiberiade, ma nella scelta che Gesù propone e vuole tornare indietro, si spaventa e Gesù lo prende per mano e gli dice: “Ma perché dubiti che questa sia la scelta giusta? Venire verso di me, sei un uomo di poca fede”. E anche ai discepoli, quando sono sulla barca e stanno a discutere perché non hanno preso il pane e Gesù dice: “Perché discutete uomini di poca fede? Come aumentarla? E abbiamo sentito hanno fatto la richiesta a Gesù: “Aumenta tu la nostra fede!” Ma la fede può aumentare o diminuire? Dipende da cosa si intende per fede. Se per esempio per fede si intende l’adesione a delle verità: l’esistenza di Dio, che Cristo è una persona che ha fatto miracoli, che è morto in croce, che è risorto… do l’adesione a queste verità, sono un credente.

Intesa come adesione della verità, allora la fede non può aumentare o diminuire… o c’è o non c’è. L’ateo non ha fede, non è che ne ha un pochettino, non ce l’ha proprio. La fede è anche adesione a delle verità, ma non basta, infatti al capitolo secondo della sua lettera, Giacomo dice: “Fratelli, se uno dice di avere fede ma non ha le opere, che fede è mai la sua? Per esempio, se un fratello o una sorella sono senza vestiti, sono sprovvisti di cibo quotidiano, uno gli dice: “beh, cercate di arrangiarvi”, che fede è la sua?” Tu credi che c’è un Dio solo, fai bene, ma anche i diavoli ci credono e pure tremano… non basta credere in certe verità, la fede va al di là.

A volte si identifica la fede con la religione, cioè la si valuta in base alle manifestazioni esteriori di questa fede, per esempio quando ci si chiede: in Europa la fede aumenta, diminuisce… Beh, la si valuta da quante persone vanno in chiesa, quanti pregano, quanti si sposano in chiesa; è chiaro, se la intendiamo così la fede, aumenta o diminuisce, ma le manifestazioni esteriori di religiosità non vanno identificate con la fede e possono continuare ad esistere, anche per molto tempo, dove non c’è più traccia di fede; quante volte vediamo dei segni di croce che sono dei semplici gesti scaramantici.

Cosa intendiamo per fede? Credere non è una scelta irrazionale, questa sarebbe creduloneria e ce n’è ancora tanta in giro. La fede riguarda anzitutto la mente. Quando Gesù ha detto che “bisogna amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima con tutte le forze e con tutta la mente”, intendeva proprio dire la ragionevolezza della scelta che si fa. A un certo punto però, questa ragionevolezza raggiunge l’apice e non va oltre.

Quando per esempio, uno si accosta alla conoscenza di Cristo, studia il suo Vangelo e capisce il messaggio che Lui propone, a quali conclusioni giunge? Sempre dice, è molto ragionevole ciò che Lui mi rivela su Dio. Anche questa non è ancora fede. La fede scatta proprio dopo che è messa a posto questa ragionevolezza, quando uno dice: “Io gli do la mia adesione”, quando mi innamoro di Lui, al punto da dire, “io voglio unire la mia vita alla tua in piena sintonia di intenti”, questa è la fede! E allora comprendiamo che questa fede può aumentare o diminuire e può anche scomparire. Posso essere stato con Gesù ed essermi fidato di Lui per un certo tempo e poi ritorno alla vita pagana, proprio come accade in tanti innamoramenti… ci sono gli alti e bassi, innamoramenti che si accendono e poi si affievoliscono, momenti in cui il coinvolgimento della coppia è totale e altri momenti in cui subentrano la routine, la monotonia, la stanchezza e allora c’è il rischio che l’amore, la fiducia reciproca diminuiscano. La fede è proprio questo innamoramento per Cristo, dopo che si è capito che è ragionevole la proposta che Lui mi fa, e questa fede può aumentare o diminuire.

È comprensibile allora che, di fronte alla proposta che Gesù ci fa, possiamo sentire la nostra debolezza. Ricordiamo a Cafarnao quando, sentendo ciò che Gesù propone, la gente dice: “Questo linguaggio è duro, chi lo può accettare?” Adesso, siccome questa fede/innamoramento può aumentare o diminuire, ci chiediamo: “Ma chi è che la può far crescere questa fede?” I discepoli hanno chiesto a Gesù di farla crescere. Sentiamo: Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: «Sràdicati e vai a piantarti nel mare», ed esso vi obbedirebbe. Abbiamo ascoltato la richiesta che gli apostoli hanno fatto a Gesù: “Aumenta la nostra fede”. La traduzione letterale direbbe: “accresci un po’ di fede a quella poca che noi abbiamo”.

Comprendiamo allora la ragione per cui Gesù non risponde alla loro domanda… perché non ha senso. Non è Lui che può aumentare la fede, perché la fede è la risposta libera che l’uomo può dare o rifiutare alla proposta di amore che Gesù offre a tutti. Infatti noi lo verifichiamo ogni giorno che ci sono alcune persone che rimangono solo degli ammiratori di Gesù, altri si innamorano solo un pochettino, gli danno un po’ di adesione, altri gliene danno un po’ di più, e poi ci sono i Santi invece, che si giocano davvero la vita per il Vangelo. Pensiamo ai Santi della carità: Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, il Cottolengo, Salvo D’acquisto, Massimiliano Kolbe… costoro si sono davvero giocati la vita per amore di Cristo. Per invogliarci a dargli il massimo dell’adesione, a fidarci totalmente di Lui, Gesù, invece di rispondere ai discepoli, introduce un’immagine paradossale per dirci quali prodigi la fede è in grado di compiere: “Potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare” ed esso vi obbedirebbe”.

Matteo e Marco non parlano di una pianta che può essere sradicata e piantata nel mare, ma di una montagna che può essere spostata e buttata nel mare e, questa, doveva essere un’immagine proverbiale perché la impiega anche Paolo, al capitolo 13 della prima lettera ai Corinzi. Di che pianta sta parlando Gesù? Non si sa bene se si tratta di un gelso o di un sicomoro, “sykáminos”, può valere per tutti e due, ma ho visto che viene tradotto in ebraico con “shikmà”, che è il “sicomoro” e credo che Gesù si riferisca proprio al sicomoro perché riflette meglio il suo pensiero.

Il sicomoro era una pianta molto comune in Palestina e in Egitto e forniva un legname durevole che non patisce né il caldo né l’umidità, difatti le casse delle mummie egizie erano fatte con questo legno e le troviamo ancora in ottimo stato dopo migliaia di anni. In Egitto poi, il sicomoro era anche il simbolo dell’immortalità perché, questo legno, sembrava incorruttibile e il succo del frutto di sicomoro si riteneva che avesse poi dei poteri occulti, addirittura l’immortalità. Il sicomoro è caratterizzato dal fatto che ha radici molto forti e molto profonde che sono quasi impossibili da sradicare, rimangono nel terreno dopo che la pianta è stata tagliata per più di 600 anni.

E Gesù si rifà a due momenti di questa pianta per dire ciò che la fede è in grado di produrre. Uno molto difficile: quando questa pianta viene sradicata, è possibile, ma davvero molto difficile; l’altro del tutto impossibile: farla crescere nel mare. Cosa intendeva dire Gesù con queste due iperboli, con queste immagini paradossali? Che la fede può ottenere risultati straordinari, non solo difficili, ma anche quelli che tutti ritengono impossibili. Gesù lo aveva detto al papà di quel ragazzo epilettico: “Tutto è possibile a chi crede”. Possiamo pensare ad alcuni eventi che noi riteniamo molto difficili o addirittura impossibili: la pace nel mondo… impossibile!

Noi assistiamo a una gara a chi minaccia di più, chi offende di più, chi ruba anche di più. Non ci sarà mai pace, gli uomini continueranno sempre a competere, a sbranarsi come lupi… per quale ragione? Perché non si fidano del Vangelo, vogliono risolvere i problemi con la loro testa; si fidassero anche solo un pochino, condividessero i beni invece di rubarseli gli uni con gli altri, prendessero coscienza di non essere dei superuomini padroni del mondo ma che è Dio il padrone del mondo, cominciassero capire che si è uomini quando si ama, quando ci si interessa di chi è bisognoso, non quando si domina. Prendessero anche solo coscienza un poco di questa verità del Vangelo e si fidassero di Gesù, non solo finirebbero le guerre, ma le ingiustizie, la miseria, la fame. Ci aspetteremmo che noi potessimo continuare a compiere i nostri peccati e che Lui facesse il miracolo che le conseguenze dei nostri peccati non ci fossero! Il miracolo lo fa la fede. Pensiamo anche a quante radici di sicomoro noi troviamo nel cuore delle persone e che diciamo non verranno mai sradicate: rancori, risentimenti per torti subiti… Recuperare la pace, giungere alla riconciliazione, riuscire a perdonare, ricostruire un rapporto di coppia dopo un tradimento… sono eventi molto difficili, non impossibili, ma difficili, se ci si fida di Gesù e del suo Vangelo, tutto questo si realizza.

Pensiamo anche a livello personale… certe abitudini, certi vizi, una vita fatta di compromessi, anche di dissolutezze che sono radicate noi come una seconda natura, sono impossibili da sradicare? Chi si fida di Cristo e del suo Vangelo ottiene anche questo prodigio e se i prodigi non accadono è per la nostra mancanza di fede, perché il prodigio non lo compie Dio, segue sempre la nostra accoglienza della proposta che Gesù ci fa. Quando noi ci fidiamo della sua Parola, i prodigi accadono. Per chiarire bene il suo pensiero, Gesù introduce adesso una parabola. “Chi di voi, se ha un servo…”

Nella parabola, Gesù introduce la figura di uno schiavo che ha trascorso tutta la giornata nei campi ad arare e alla sera torna a casa stanco. Noi ci aspetteremo che il padrone si complimentasse con lui per il lavoro svolto e poi gli dicesse: “Adesso siediti a tavola e mangia un boccone”. Questo ce lo aspetteremo noi, non i discepoli del tempo di Gesù, i quali sapevano molto bene come si comportavano i padroni… lo schiavo era considerato proprietà del padrone e non poteva avanzare alcuna pretesa. Gesù non intende affrontare il tema dello sfruttamento, della giustizia sociale o della schiavitù, non entra in questo argomento, Lui prende il dato di fatto e se ne serve come esempio per dare una lezione a chiunque vuole essere suo discepolo, e per questo pone tre domande.

La prima: il padrone dirà forse a quel servo: “Vieni subito, mettiti a tavola, mangia un po’ la cena?” La risposta dei discepoli è certamente no, non gli dirà così. Perché il servo rimane servo quando è nei campi e quando è in casa, rimane servo di giorno e anche alla sera… questa è la sua natura, è la sua identità, essere sempre pronto a servire e soltanto a servire. Seconda domanda che Gesù pone ai discepoli: il padrone, non gli dirà piuttosto: “Mettiti in ordine, stringiti i fianchi e vieni qui a servire me, dopo che avrò mangiato io mangerai anche tu. Non gli dirà forse così?” La risposta dei discepoli è: “Certamente sì, gli dirà così”. Il comportamento di questo padrone urta la nostra sensibilità, anche perché l’idea che forse ci sta passando per la mente, è che Gesù voglia concludere così: “Dio è il padrone, voi siete servi e ricordatevi che dovete sempre obbedire e soltanto obbedire”. Dove vuole arrivare invece Gesù? Vuole inculcare nella mente dei discepoli e in noi, due verità. La prima: che chi segue Lui, deve prendere coscienza della propria identità di servo, la sua natura sarà quella di essere sempre servo, non ci saranno mai tempi o luoghi in cui diventerà padrone. Dal discepolo di Cristo ci si aspetta soltanto che, in ogni momento e in ogni luogo, sia disponibile a servire chiunque abbia bisogno di lui. Questa è la natura del discepolo: essere sempre servo.

Seconda verità: da dove gli viene questa natura di servo? Qualcuno, dicevo, avrà pensato che il padrone della parabola rappresenta Dio e noi siamo servi. No, il padrone non è Dio, il padrone del discepolo è il povero, colui che ha bisogno è colui che dà ordini al discepolo e il discepolo deve essere sempre attento ai bisogni del padrone che è il bisognoso, ed essere sempre disposto servire e non deve nemmeno aspettare che gli dia ordini, deve cogliere lui i bisogni del fratello. La natura del discepolo è quella di essere servo E da dove gli viene questa natura di servo? Dal Padre del cielo, che non è padrone di nessuno, è servo di tutti perché è fatto di amore e solo di amore. Amare è servire, l’opposto dell’amore non è l’odio, l’opposto dell’amore è il dominio sull’altro, asservire l’altro e di questo comportamento non c’è traccia in Dio, che è servo e solo servo. E questo volto di Dio, noi l’abbiamo contemplato in Gesù di Nazareth, perfetta immagine del Padre. Lui lo ha detto: “Io sono venuto, non per essere servito, ma per servire”. Ricordiamo il gesto che ha fatto, che rivela l’identità di Dio… lavare i piedi all’uomo. Il titolo più bello che ricorre nella Bibbia rivolto ai personaggi più importanti è “servo del Signore”, cioè servo del progetto e del disegno di Dio.

Terza domanda che Gesù pone, e questa è forse la più cruda che ci stupisce più delle precedenti: “Il padrone avrà forse degli obblighi verso quel servo, perché ha eseguito i suoi comandi?” La risposta è no. E Gesù conclude: “Anche voi, quando avete fatto tutto ciò che vi è stato ordinato, dite: “Siamo soltanto dei servi inutili, abbiamo fatto ciò che dovevamo fare”. Cioè ci siamo comportati secondo la nostra natura. Queste parole di Gesù ci lasciano un po’ sconcertati e sono stati fatti tanti tentativi per mitigare quel “servi inutili” (achreios). Come mai Gesù impiega questo linguaggio così duro? Gesù sa che i discepoli possono anche aver capito e accettato la loro natura di essere servi, ma rimane ancora un passo da fare ed è quello forse più difficile… è la terza verità che Gesù vuole inculcare nella loro mente: “la gratuità dell’amore”, la gratuità che caratterizza il servizio del servo. Il discepolo non ama perché si aspetta una ricompensa, né qui né in Paradiso, ama perché questa è la sua natura di figlio di Dio e vuole assomigliare al Padre del cielo. Gesù impiega queste immagini provocatorie perché vuole farla finita con la spiritualità dei meriti che era predicata dai farisei e anche da qualche maestro di vita spirituale ancora oggi. I farisei dicevano che la fedeltà alla Legge, conferiva il diritto ad attendersi un premio da Dio, Dio quindi era un datore di lavoro che alla fine della giornata pagava. Il discepoloserve e ama perché è bello vedere il fratello felice dopo che ha ricevuto il mio servizio, ama perché vuole essere simile al Padre del cielo.

Cosa c’entra questa parabola con il tema che Gesù sta trattando, quello della fede. In un mondo dove tutti sognano, non di essere servi, ma di essere padroni, è la logica che governa il mondo, la logica del maligno secondo Gesù, queste persone si sentono tanto più realizzate, tanto più uomini, quanto più possono dominare e farsi servire. Può cambiare questo mondo? Può nascere un mondo nuovo fatto non di persone che cercano di essere tutti padroni e quindi devono competere, devono lottare, un mondo dove tutti si sentano servi, gli uni degli altri? La risposta, credo che tutti danno è: “Non si realizzerà mai, è impossibile!” In questo mare di ingiustizia, di corruzione, di violenze, può forse germogliare un’umanità nuova e fraterna dove regna la pace? La risposta che noi siamo tentati di dare è: “Non nascerà mai un’umanità così!” Invece Gesù ci vuole dire: “la fede è in grado di realizzare anche questo mondo nuovo e fraterno”. Quale prodigio più grande di questo? Anche un sicomoro che cresce nel mare è un prodigio inferiore a quello che la fede può realizzare, creare un mondo in cui tutti gli uomini si sentano fratelli, servi gli uni degli altri. Questo è il mondo che Dio vuole che sia realizzato e se noi ci fidiamo della parola di Cristo, questo mondo si realizza.

 
 
 

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