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5ª DOMENICA DI PASQUA

  • Immagine del redattore: don Luigi
    don Luigi
  • 3 giorni fa
  • Tempo di lettura: 10 min

Dal Vangelo secondo Giovanni (13, 31-35)

 

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

 

Il brano evangelico che la liturgia oggi ci propone ci riporta infatti nel Cenacolo durante l’Ultima Cena, nel momento in cui Giuda esce per andare a consegnare il Maestro ai sommi sacerdoti. Non ci saremmo aspettati un’altra manifestazione del Risorto ai discepoli, invece siamo riportati nel Cenacolo. Per quale ragione? Perché durante quell’Ultima Cena, Gesù ha pronunciato un lungo discorso che ci è riferito dall’evangelista Giovanni in ben 4 capitoli. È importante perché sono le ultime parole del Maestro, le più sacre, per cui noi ci accosteremo a questo testo con emozione, con trepidazione.

Tutti i grandi personaggi dell’Antico Testamento, prima di morire hanno fatto un discorso in cui richiamavano l’intera opera da loro svolta, facevano raccomandazioni, promesse, davano la loro benedizione. Ricordiamo Mosè, Samuele, Davide, Giacobbe che prima di morire chiama tutti i suoi figli attorno al letto e per ognuno riserva una benedizione. Ecco, Gesù si comporta come questi grandi personaggi dell’Antico Testamento, sa che gli restano poche ore di vita e sente il bisogno di dettare le sue ultime volontà, è il suo testamento! Quel testamento che viene aperto nel tempo pasquale, perché i testamenti vengono aperti quando la persona cara ci ha lasciato.

Accostiamoci allora con emozione, con trepidazione a questo testo, perché Gesù prima di lasciarci ha voluto porre davanti ai nostri occhi tutta la sua storia d’amore, tutta la sua vita donata.

Quando Giuda fu uscito, Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

Abbiamo sentito ripetere per ben 5 volte il verbo “glorificare”, ci ha forse anche stancato un po’ questa ripetizione e poi non ci sembra il momento più adatto per parlare di gloria, di glorificazione. È un verbo che sembra fuori luogo perché è un momento drammatico della vita di Gesù, non è il momento della gloria. Vediamo in che contesto Gesù presenta questo momento che sta vivendo come un’opportunità di gloria.

Giuda è uscito, è stato come inghiottito dalle tenebre – lo nota l’evangelista Giovanni “quando esce era notte” – si è lasciato coinvolgere dalla tenebra del mondo, non si è lasciato coinvolgere dalla luce del Maestro, quella del mondo nuovo. La proposta di Gesù per lui è stata inaccettabile, anzi pericolosa, perché ha visto in Gesù colui che sovvertiva l’ordine sociale, politico, religioso; Gesù predicava un Dio che non era quello predicato dai rabbini, il Dio giustiziere e a lui questo Dio non garbava; predicava Gesù l’uomo che è servo, non dominatore e anche questo sconvolgeva tutte le convinzioni di Giuda, nemmeno Gesù è riuscito a cambiargli il cuore, a coinvolgerlo nel mondo nuovo.

Come avremmo reagito noi di fronte a questo abbandono di una persona che abbiamo amato, per la quale ci siamo impegnati per ottenere un cambiamento, che sarebbe stato il cambiamento che avrebbe salvato la vita di questa persona? Gesù l’ha certo sentito questo momento come un fallimento della sua opera, non era riuscito a coinvolgere Giuda nei suoi disegni e poi anche gli altri discepoli, non è che fossero così convinti e così decisi a dare la vita per il Maestro.

Pensiamo: quale sarebbe stata la nostra reazione di fronte a quel cuore duro e aggrappato caparbiamente alle proprie convinzioni che nemmeno Gesù è riuscito a smuovere? Come avremmo reagito noi in quel momento in cui Giuda, che abbiamo amato, se ne è andato? Se n’è andato non per i fatti suoi … per consegnare il Maestro alla morte. Forse noi avremmo reagito con rabbia, avremmo maledetto quell’oppositore del progetto di mondo nuovo, quella persona che aveva il maligno nel cuore. In Gesù nessuno di questi aspetti che avrebbero forse caratterizzato la nostra reazione; non c’è stata un’irritazione, neppure l’ombra di rancore nei confronti di Giuda, solo un immenso dolore per non essere riuscito a far breccia nel cuore del suo discepolo.

Direi che questa è l’esperienza che tutti coloro che amano e vogliono condurre alla vita la persona che vogliono rendere felice, sperimentano e se questa persona fa delle scelte di morte, il dolore di chi la ama è davvero immenso, proprio come quei genitori che fanno di tutto per coinvolgere il figlio nelle scelte giuste della vita e se lo vedono allontanare nella notte. Gesù ha provato un immenso dolore, ma nessun rancore, nessuna irritazione, nessuna parola contro Giuda.

È in questo contesto che Gesù dà ai discepoli il suo comandamento nuovo, ci saremmo aspettati parole risentite e rancorose dalla bocca di Gesù, proprio in questo momento escono le più belle parole d’amore ed è il suo testamento, e Lui lo può dare questo testamento perché sta dimostrando con la sua vita che pratica alla perfezione l’amore. Il messaggio direi che è molto attuale anche per noi, perché se ci impegniamo per costruire un mondo più giusto, più fraterno, noi ci imbatteremo, come successo a Gesù, in migliaia di persone che per interesse o per ignoranza remano contro, ci imbatteremo anche in organizzazioni, in strutture che propongono ai giovani, alle nuove generazioni modelli di vita devianti, introducono il degrado morale, l’edonismo che gettano il ridicolo sui valori più sacri come la fede, la famiglia, la fedeltà coniugale, il perdono… Che fare? Verrebbe la tentazione di maledire queste persone, queste istituzioni, perché si tratta di una moderna persecuzione. Il Maestro ci invita a reagire come ha fatto Lui, sono occasioni per mostrare il massimo dell’amore, l’amore a colui che ci fa del male, a colui che si oppone, mostriamo di amarlo come Gesù ha amato Giuda.

E adesso vengono quei verbi a cui ho già accennato … Glorificare. Mancano poche ore alla cattura di Gesù e alla sua condanna a morte. Per noi che siamo eredi del pensiero greco, la glorificazione è la celebrazione della nostra persona, quando tutti ci applaudono siamo glorificati, quando diventiamo famosi allora noi acquistiamo posizioni prestigiose, siamo felici … questa è la nostra gloria. Anche Gesù è stato tentato di diventare glorioso come erano gloriosi i “Magno” di questo mondo, il maligno gliel’ha suggerito, ha chiesto però: “Devi adorarmi, tu diventi certamente una persona gloriosa ma devi seguire i miei consigli, devi accettare i miei suggerimenti e quindi non devi farti scrupoli, devi schiacciare i più deboli se necessario, se c’è bisogno anche di mentire lo fai … diventi un grande personaggio, perché i grandi di questo mondo ottengono queste posizioni ascoltando i miei consigli” … gli diceva il maligno.

Gesù non ha seguito questa gloria, perché questa non è gloria, questa è vanagloria che poi, nella storia di Dio, quella che rimane, viene spazzata via. Nella Bibbia, quando si parla di gloria non si intende la fama che uno gode presso gli altri, questa è vanagloria che va e viene, secondo come spira il vento; la gloria che nessuno può toglierci, quella che considera gloria vera la Bibbia, quella che conta agli occhi di Dio, gloria in ebraico è “kavod” che significa “peso”, tutti desideriamo che la nostra presenza abbia peso, le nostre parole abbiano peso, siano onorate. Bene, la gloria, secondo la Bibbia, è una vita che non è pula, è il seme di grano che pesa, che rimane, che dà vita.

Gesù dice “adesso per me è il momento della gloria”. Che cosa intende dire, “un momento della gloria”? Gloria è il momento in cui Lui può mostrare quel volto di Dio che è venuto a far vedere nel mondo, è venuto in questo mondo proprio per mostrare il vero volto di Dio e adesso Gesù ha un’opportunità unica di arrivare al massimo di questa gloria, di questa manifestazione del volto di Dio che è amore e solo amore. È il momento in cui Giuda lo consegna. Il Padre del cielo non voleva che il figlio morisse, ma consegnandolo nelle mani degli uomini, questi non potevano che aggredirlo perché non sono mossi dall’amore che è quello di Dio, ma dal maligno che suggerisce la gloria di questo mondo per raggiungere la quale bisogna essere disposti a tutto.

Ecco in questa situazione, non voluta da Dio, che hanno creato gli uomini, ecco che Gesù si inserisce e il disegno del Padre coglie questo momento per manifestare tutto il suo amore, perché il massimo dell’amore lo si coglie nel dono della vita. Il Padre non voleva che Gesù morisse, ma siccome gli uomini hanno commesso questo crimine, attraverso questo peccato degli uomini, si è realizzata la manifestazione del massimo dell’amore di Dio, quindi, la più alta manifestazione del volto del Dio.

Gesù in questo momento sta dicendo: “Voi potete abbandonarmi, potete insultarmi, percuotermi, odiarmi e anche uccidermi, ma non riuscirete a farmi rinunciare all’amore incondizionato, perché questa è la mia identità di immagine perfetta di Dio”. È la rivelazione di questa gloria che cancella il volto brutto di Dio che ci siamo inventati noi, perché ci assomiglia, lo amiamo e guai a chi ce lo tocca questo Dio … ci arrabbiamo perché noi amiamo questo Dio che ci assomiglia.

Gesù è venuto per smentire questo volto di Dio giustiziere che ti castiga se tu non gli obbedisci, se lo offendi … no! Questo volto di Dio è stato definitivamente cancellato in questo momento glorioso di Gesù che dona la vita. Viene denunciata la falsità dell’immagine diabolica che gli uomini si sono fatti di Dio, quell’immagine che ci fa diventare cattivi e infelici quando noi le vogliamo assomigliare.

E adesso sentiamo che cosa Gesù ci lascia in eredità: Figlioli, ancora per poco sono con voi.

Vi dono un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.

Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.

“Figlioli ancora un poco sono con voi”.

Gesù chiama i suoi discepoli e noi “figliuoli”, termine greco, è un diminutivo affettuoso dice “teknia” “figliolini”. I discepoli non sono figli di Gesù, sono fratelli di Gesù, ma in questo momento in cui Gesù presenta il suo testamento, chiama i discepoli “figliolini”. Il figlio è colui che deve riprodurre il volto del padre e in questo momento Gesù ci chiede questo: “nel mondo voi mi rendiate presente, rendiate presente il mio volto come proposta di uomo per tutti e quindi vi indico anche come potete assomigliare a me in modo da ripresentare la mia persona a tutti gli uomini”.

Ecco adesso il suo testamento, che cosa ci lascia in eredità? Non certo delle proprietà, non le aveva, Gesù dice che non aveva nemmeno “una pietra su cui posare il capo”, non aveva beni, non aveva case e noi ci saremmo forse aspettati che ci lasciasse la capacità di fare miracoli, di risolvere i problemi del mondo con la bacchetta magica … no! Non ci ha lasciato questa capacità, o meglio, Lui ce l’ha lasciata la sua capacità di compiere prodigi ed è quella capacità di annunciare la sua Parola, perché chi aderisce alla sua Parola, chi si fida di questa sua Parola, vede una trasformazione prodigiosa del mondo e del cuore degli uomini.

Che cosa ci lascia quindi in eredità? “Vi dono un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri”. Ci lascia un comandamento, non è una raccomandazione o un suggerimento, è un comandamento! Per noi questa parola non suona bene perché sa di imposizione e poi di punizione, di castigo di chi non obbedisce, no … nulla di tutto questo. Il comandamento non è qualcosa che rimane scritto fuori, com’erano le 10 Parole dell’Antico Testamento, adesso questo comandamento dell’amore viene da dentro, perché Gesù è venuto a portare in questa creatura che è l’uomo, una nuova identità che nasce dal dono che Lui fa della vita divina, la vita dell’Eterno, che non è un qualcosa di futuro che viene promesso ai buoni al termine di questa vita! Questa vita dell’Eterno è donata oggi a ogni uomo, questa vita diventa un comandamento, un bisogno che viene da dentro, di amare come il Padre del cielo che ci ha donato la sua stessa vita.

Ed è un comandamento nuovo … nuovo non per una formulazione che noi troviamo anche un po’ simile nell’Antico Testamento, quando dice “ama il prossimo tuo come te stesso”, dice il libro del Levitico che è il punto più alto cui è arrivato l’Antico Testamento, ma anche tutti i “Saggi pagani” hanno raccomandato questo amore al prossimo, ricordiamo Seneca, Epiteto, Confucio … tutti questi grandi personaggi che hanno preceduto questo comandamento nuovo. Perché nuovo? Il nuovo non si oppone ad antico, l’antico è bello, più passa il tempo più ha valore ciò che è antico, ciò che è vecchio invece, viene buttato via. Direi, quello che c’è stato detto dal libro del Levitico, “ama il prossimo tuo come te stesso”, o ciò che ci ha detto la saggezza dei grandi personaggi dell’antichità, non è roba vecchia, sono cose antiche e l’antico viene conservato perché ha un grande valore, ma non è definitivo, si adopera il nuovo. Quando si sente questa parola “nuovo”, risveglia subito l’ottimismo, la speranza; la sapienza antica era bella, non va buttata, la si conserva come un tesoro, ma non è questa adesso la sapienza che noi usiamo, non amiamo come ognuno ama sé stesso, è un’altra la misura che adesso ci viene data, è quella che viene dal comandamento che è la nostra nuova identità, quella di figli di Dio.

E allora ci porta, questo comandamento interiore, ad amare come Gesù ama e questo amore e la bellezza pura, assoluta, oltre la quale è impossibile andare. Questo comandamento non può invecchiare perché è la vita di Dio, possono passare decine, centinaia, migliaia o milioni di anni, questo comandamento rimarrà sempre nuovo, non sarà mai superato, non ci sarà mai un comandamento migliore, non è possibile andare oltre questo amore che è un amore incondizionato, anche per il nemico, al di là di questo orizzonte è impossibile andare, non ci sarà mai un’altra novità.

Come io ho amato voi, anche voi amatevi gli uni gli altri”. Che amore è questo che Gesù ci presenta? È l’amore che non si lascia condizionare dalle risposte dell’uomo, che possono essere non d’amore ma di odio, di sfruttamento, di oppressione … l’amore di Gesù non si lascia condizionare, è completamente gratuito ed è questo l’amore che il cristiano, il discepolo, deve testimoniare nel mondo, testimonia la presenza di Gesù nel mondo attraverso il suo Spirito, questa vita divina che ci ha portato.

E dice: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete questo amore che io vi ho lasciato in eredità”. Nella comunità dei discepoli, Gesù ha lasciato un solo distintivo, non sono le nostre preghiere, non sono le nostre devozioni! È l’amore la vocazione a cui è chiamato ogni cristiano, è unica, siamo chiamati ad amare. Poi i contesti, le condizioni particolari in cui uno si trova per manifestare questo amore sono diverse, ma la vocazione a cui il cristiano è chiamato è unicaamare come Gesù ha amato.

 

 
 
 

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