5ª DOMENICA DI QUARESIMA
- don Luigi
- 4 apr
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Dal Vangelo secondo Giovanni (8,1-11)
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
I cristiani dei primi secoli hanno pensato di togliere questa pagina dai Vangeli. Per due secoli, nella maggior parte degli antichi manoscritti della Bibbia, non compare questo racconto e soltanto nel III secolo ha trovato posto nei Vangeli. Come mai nella chiesa dei primi due secoli si è cercato di accantonare questo episodio? Come mai dava tanto fastidio? Perché conteneva una frase incriminata, pronunciata da Gesù che ha detto all’adultera: “Io non ti condanno”. I responsabili delle comunità devono aver pensato che la frase di Gesù “Io non ti condanno” poteva essere fraintesa. Quindi meglio mettere da parte questo racconto. Nei primi secoli della Chiesa, era stata adottata una pastorale molto rigida, per quanto riguardava il perdono, che poco andava d’accordo con la misericordia, sempre mostrata da Gesù di Nazaret nei confronti di coloro che sbagliano nella vita. Verso la metà del II secolo il peccato grave, commesso dopo il battesimo, non era più un incidente eccezionale, ma veniva preso molto alla leggera; si dava poca importanza a tutto. Ecco la ragione, per cui nelle comunità cristiane si era diventati molto severi nei confronti dei peccatori.
C’erano tre peccati che non venivano perdonati, e chi li commetteva era cacciato dalla comunità: rinnegare la fede, l’omicidio e l’adulterio. Per dire la verità, c’era anche chi era più comprensivo, per esempio lo stesso Papa Cornelio, che sosteneva una pratica meno rigorosa e più evangelica; però i rigoristi lo accusavano di essere un impostore, uno che autorizzava gli uomini ad abbandonarsi ai piaceri. C’era questa tensione, all’interno delle comunità. “Le costituzioni apostoliche”, un manuale, raccomandava, però, ai vescovi di imitare, nei confronti dei peccatori, ciò che aveva fatto Gesù, con quella donna che aveva peccato e che gli anziani gli avevano posto innanzi. Tuttavia la tendenza che prevaleva era quella rigorista, e conosciamo anche dei rigoristi che poi accusavano Papa Cornelio.
Verso la metà del secondo secolo, chi aveva commesso questi errori doveva fare anche anni di penitenza, digiuni, mortificazioni, preghiere e poi veniva riconciliato con la comunità, ma una sola volta in vita. In questo contesto, se c’era un brano che dava fastidio ai rigoristi era quello dell’adultera, che minava alla base le loro scelte pastorali.
Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi... Notiamo l’ora, l’evangelista dice che Gesù viene dal Monte degli Ulivi, da oriente, da dove sorge il sole, il Monte degli ulivi è 60 mt. più alto rispetto alla spianata del Tempio. Gesù quindi scende dal Monte degli Ulivi, attraversa il torrente Cedron ed entra dalla porta orientale della spianata del Tempio; lungo questo lato orientale correva il famoso portico di Salomone. Sotto questo portico si sedevano i rabbini per dare le loro istruzioni sulla Bibbia, e per dare anche consigli legali a coloro che li richiedevano. A fianco della porta orientale, di questo ingresso nella spianata del Tempi, c’era un primo edificio e poi un altro simile, all’ingresso dell’atrio delle donne; erano chiamati i tribunali superiori, e in uno di questi edifici ogni giorno, dal mattino alla sera, si riunivano 23 giudici per risolvere le cause più importanti. C’erano dei tribunali in ogni città e anche nelle sinagoghe. Quando c’erano casi gravi, bisognava ricorrere a Gerusalemme, dove la giustizia era amministrata secondo le disposizioni della Torah.
C’era un terzo edificio, più importante ancora, dove c’era la famosa sala delle pietre squadrate “lisciate/cazid”. Era il luogo dove si riuniva il Sinedrio ed era composto da 71 giudici, presieduti dal Sommo sacerdote. Al tempo di Gesù era di fatto, il Sinedrio che poteva anche pronunciare sentenze di morte, ma per eseguire questa pena, doveva poi chiedere l’autorizzazione al governatore romano; come accadrà nel caso di Gesù. A Gerusalemme il re pronunciava le sentenze in nome di Dio. Quando saliva al trono, lui non era il legislatore, lui doveva solo fare applicare la legge di Dio, infatti, il giorno dell’incoronazione gli veniva consegnata una copia di questa parola di Dio che lui doveva fare applicare. In questo Tempio la giustizia era applicata in nome di Dio. Ora, proprio lì, noi assisteremo a un conflitto fra due modi di intendere la giustizia: quello degli scribi e dei farisei che si appellano alla legge e sono convinti di rappresentare il pensiero e il giudizio di Dio e un’altra giustizia, quella che viene pronunciata adesso da Dio in persona: Gesù.
Notiamo il carattere simbolico dei dettagli: l’ora in cui Gesù giunge per mostrare qual è la vera giustizia di Dio, è il mattino, quando sorge il nuovo giorno, quando si radunano i giudici per parlare in nome di Dio e questa luce viene dal Monte degli Ulivi è la nuova luce che adesso si proietta sul volto di Dio; sarà un’altra luce che sorge in questo nuovo giorno; Gesù adesso entra nel Tempio, si siede, assume la posizione del Maestro. È andato a sedersi sotto quale portico e possiamo immaginare che si sia seduto in quel portico nord che vi viene indicato; e sentiamo adesso che cosa accade: Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna… Si riferisce a dei personaggi che noi conosciamo molto bene, gli scribi e i farisei trovati domenica scorsa, quando erano indignati perché Gesù accoglieva in casa sua, pubblicani e peccatori faceva festa con loro. Gesù, non sopportava che venisse presentata l’immagine di un Dio capace di punire i peccatori, fa festa con loro. Oggi sono riusciti a catturare una preda da presentare a Gesù per metterlo in difficoltà: una donna in flagrante adulterio, non hanno preso l’uomo, perché non gli interessa l’uomo, e nemmeno la donna.
In causa non c’è l’adulterio della donna, ma l’immagine di Dio che Gesù predica, la giustizia di Dio, che loro non la possono accettare. L’adulterio di questa donna è solo una scusa, per tendere un tranello a Gesù; pongono la donna nel mezzo. È il male che adesso è posto al centro dell’attenzione e, di fronte a questo male loro vogliono che ci si pronunci. Saranno a confronto adesso due modi di fare giustizia, quello degli scribi e dei farisei, con quello di Gesù. Cosa propongono gli scribi e i farisei per porre fine al male? Dicono: “Maestro, questa donna è stata colta sul fatto, stava facendo adulterio, ora, Mosè, nella legge ci ha raccomandato di lapidare le donne che sono così! “La legge della Torah, ordina di risolvere il problema sopprimendo coloro che si comportano in questo modo. In discussione era: lapidareoppure strangolare, come dice il Levitico cap. 20: “Se uno commette adulterio con la moglie del prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte”.
La donna doveva avere una grande vergogna di trovarsi là, in mezzo e anche un po’ di paura, perché erano degli scalmanati, quelli che l’avevano catturata, ma non aveva paura di venire lapidata, perché in realtà non venivano eseguite le condanne a morte che noi troviamo nella Bibbia. Del resto, il libro del Talmud, un libro sacro che raccoglie le tradizioni sacre, afferma che un Sinedrio che desse una pena di morte, ogni settant’anni, sarebbe da ritenersi estremamente ed eccessivamente severo … una pena di morte non veniva eseguita neppure quando la Torah la comminava. Non si trattava di una condanna da eseguire, ma è solo per dire che chi si trova di fronte a un reato grave. Le pene capitali comminate della Bibbia, anche per chi schiaffeggia il padre e la madre, per chi viola il sabato mai venivano eseguite. Era solo per segnalare la gravità del male che si stava facendo. La Torah serve per segnalare il male, ti dice: guarda che quel frutto è avvelenato, non lo prendere, ti dice non commettere adulterio, guarda che se vieni messo a morte … non verrà eseguita la condanna a morte, ma tu stai avvelenando la tua vita. È preziosa la segnalazione che ti dà la Torah perché ti dice: stai attento! Quindi la donna non doveva avere tanta paura, sapeva che poteva essere castigata, ma non siamo quindi di fronte al male che è posto nel mezzo.
Adesso la proposta degli scribi per risolvere il male del mondo, per sradicarlo definitivamente, quale eliminiamo? Gesù si chinò e si mise a scrivere … A Gesù è stata posta una domanda alla quale lui non risponde, comincia a scrivere col dito per terra. Al suo posto, probabilmente noi avremmo cominciato subito a discutere con i scribi con i farisei, mostrando che la loro interpretazione della Torah, è scorretta; oppure, avremmo rinfacciato loro le loro intenzioni maligne e, avremmo detto: guardate che mi sono accorto che a voi non interessa la donna adultera. Voi volete condannare me, mi sono accorto! Gesù ha due obiettivi: salvare la donna, naturalmente, perché appartiene al gruppo che, gli scribi e i farisei, considerano i suoi amici, l’amico dei pubblicani e dei peccatori e Gesù non può tradire i suoi amici, deve salvare la donna. Ma ha un altro obiettivo, salvare i suoi accusatori, perché Gesù li ama, vuole che tutti assimilino ed accolgano con gioia, la nuova immagine di Dio, un Dio che si rapporta in un modo diverso con chi sbaglia, rispetto quello che loro pensano. E mette in atto una pedagogia molto efficace.
Il primo passo: Lui sa che si trova di fronte a un branco e tutti noi sappiamo qual è la legge del branco. Le persone si mettono insieme e cominciano a compiere delle malefatte, anche azioni abominevoli, non si sentono responsabili, perché è stato il gruppo … non io! La prima cosa da fare per recuperarli, è necessario tirarli fuori dal branco e cominciare a farli riflettere, far prendere loro coscienza che sono responsabili di ciò che fanno. Ecco allora il primo significato del gesto di Gesù e del silenzio che si crea attorno a Lui. Il silenzio fa paura perché se nulla ti distrae, tu devi riflettere, devi pensare, ed è facile allora che vengano a galla dei pensieri inquietanti che hai sempre cercato di rimuovere e come se Gesù dicesse, in quel silenzio: “fermati un attimo, pensaci, prova a chiederti che cosa ti ha mosso a portarmi questa donna”.
Lei ha fatto del male a sé stessa, al marito, ha forse rovinato la sua famiglia e anche altre famiglie. Portandola qui in mezzo, tu hai risolto qualcosa? Pensavi di fare del bene, pensavi di aiutarla a recuperare nella vita o piuttosto, col tuo comportamento, non aggiungi forse altro male a quello che lei ha già fatto? Come mai sei così indignato con lei che a te non ha fatto nulla di male? Se ci pensi bene, alle ragioni per cui l’hai portato qui, forse ti vergogni di ciò che hai fatto. Non nasconderti nel branco, vieni fuori, guardati dentro! E questo silenzio, gli accusatori non lo sopportano, difatti il racconto dice che: hanno cominciato ad insistere nell’interrogarlo, non vogliono che quel silenzio duri, li inquieta; il testo greco dice “gli rimanevano sopra” e, allora Gesù alza il capo e dice: “chi di voi è senza peccato, per primo getti la pietra su di lei”. Ecco come Gesù procede nello sciogliere il branco: non lapidatela tutti insieme, ma uno alla volta e dopo aver riflettuto ed essere giunti alla conclusione che voi siete totalmente diversi da lei, che non avete peccati, che siete puri, integri che, se la soluzione del male, quella che voi proponete, cioè eliminare colui che lo compie, state attenti, perché se anche voi siete peccatori, allora dovete essere eliminati.
Vorrei fare una riflessione per l’oggi, per il branco che tante volte è presente oggi, anche nelle comunità cristiane e questo branco va sciolto, il branco che scaglia le pietre dei pettegolezzi, delle maldicenze, -non delle calunnie, spero che fino a quel punto nelle comunità cristiane non si arrivi- ma le maldicenze, diffondere gli errori di cui si è venuti a conoscenza. Queste persone vanno messe di fronte alla loro coscienza e prima di scagliare queste pietre con la lingua, riflettano. Volete fare del bene alla persona di cui mettete in piazza gli sbagli? Siete proprio certi che un giorno non ci sarà qualcuno che scaglierà poi le pietre contro di voi? L’ultima notizia piccante che voi andate diffondendo, lo fate per il bene del fratello della sorella, oppure per una soddisfazione patologica, che voi provate e che poi alla fine vi lascia con l’amaro nel cuore, quando diffondete il male che è stato fatto da un fratello? Chiederti se un giorno ti scagliassero queste pietre contro di te, saresti felice?
Gesù torna di nuovo a scrivere per terra con il dito e a questo punto ci chiediamo che significato ha ciò che Gesù sta facendo, perché il racconto è breve, e per ben due volte si richiama questo suo gesto. Le interpretazioni che sono state date, sono tante, quella più tradizionale è quella di San Girolamo, il quale aveva detto che Gesù ha cominciato a scrivere sulla sabbia i peccati di quegli accusatori lì, allora, chiaramente, i più vecchi che sono stati i primi ad essere colpiti da Gesù, se ne sono andati tutti svergognati. Bene, ne esce male Gesù, se avesse scritto le cose per svergognare gli accusatori. Gesù li ama, li vuole salvare, li vuole liberare, non umiliare e poi del resto, non poteva scrivere sulla sabbia, perché nella spianata del Tempio non c’era la sabbia, era lastricato il pavimento, quindi il dito di Gesù si è mosso sulla pietra. Noi dobbiamo stare al testo, il quale non dice cosa ha scritto, dice semplicemente che scriveva col dito, e qui, sulla pietra. Per loro il richiamo è chiaramente all’unico testo della Bibbia in cui il dito di Dio scrive sulla pietra: sulle due tavole, il decalogo.
Il decalogo, è l’indicazione che ti dice, come tu devi vivere gli errori, che devi evitare il veleno che ti toglie la vita, te lo indica la Torah, ma scritta sulla pietra. Queste persone lo sanno, che quando il dito di Dio si è mosso, ha scritto la legge sulla pietra, ma il gesto di Gesù dice: “ma voi siete ancora fermi alla legge scritta sulla pietra? Non ricordate ciò che ha detto il profeta Geremia, che ha annunciato che un giorno Dio avrebbe scritto la sua legge non sulla pietra, ma sul cuore?” E allora quando la legge non è esterna all’uomo, ma è dentro il suo cuore, questo cuore lo spinge poi a compiere il bene.
Con il suo gesto, Gesù dice agli accusatori: “chiedetevi, avete ancora il cuore di pietra o un cuore adesso trasformato in un cuore nuovo, che ha assimilato i pensieri e i sentimenti di Dio?” Queste persone, quando hanno udito Gesù e lo hanno visto che di nuovo cominciava a scrivere, hanno cominciato ad allontanarsi, cominciando dai più vecchi, dai presbiteri, dice il testo greco, non perché sono stati i primi ad essere svergognati, ma perché per primi hanno capito, si sono lasciati convertire da Gesù.
Questo primo obiettivo Gesù lo ha raggiunto e adesso Gesù rimane solo con la donna. È importante la posizione che hanno i due; la donna era stata collocata in piedi, Gesù era seduto; durante tutta la discussione con gli accusatori durante il processo, la donna era sempre rimasta in piedi, insieme con le altre persone, e Gesù seduto. Gesù, si era chinato per due volte, sempre rimanendo seduto. La traduzione purtroppo dice: “Gesù alzatosi” no! “Gesù alzato lo sguardo”. Lui rimane in basso, la donna in alto. Notiamo nel Vangelo di Luca, noi troviamo ancora Gesù che è in basso e il peccatore in alto; con Zaccheo, quando Zaccheo è sul sicomoro, Gesù passa: “alzato lo sguardo” perché Dio è sempre in basso, rispetto al peccatore, perché lo ama, è al servizio di chi ha sbagliato! Questa, è l’immagine di Dio che Gesù ci presenta, alza lo sguardo e dice alla donna: “dove sono? Nessuno, nessuno ti ha condannata?” la risposta della donna: “nessuno, Signore” e adesso la sentenza di Gesù: “Neanch’io ti condanno, va, e d’ora in poi non peccare più”.
Vediamo di interpretare in modo corretto la sentenza che Gesù ha pronunciato: “io non ti condanno” è la famosa frase incriminata. Anzitutto non inventiamo il pentimento della donna, la promessa, il proposito di non peccare più, la assoluzione da parte di Gesù dei suoi peccati. Nulla di tutto questo. Non ha senso, non c’è alcun segno di pentimento nella donna, del resto con i peccatori pentiti anche i farisei erano molto comprensivi; qui abbiamo un altro messaggio nitido, Gesù distingue in modo nitido e chiaro fra il peccato e il peccatore. Gesù non approva il male che è stato fatto, non giustifica il peccato. L’adulterio è un peccato grave, fa molto male a chi lo commette, può avere delle conseguenze drammatiche, può sgretolare famiglie, con effetti che si ripercuotono poi sui figli, sui figli dei figli. Ricordiamo quanto è rigorosa ed esigente la morale sessuale di Gesù, nel discorso della montagna. Lui va ben al di là di quello che dicevano i rabbini non solo condanna l’adulterio, ma chiama l’adulterio desiderio cattivo, perché è nel cuore che inizia il processo che porta al tradimento dell’amore sponsale.
Gesù è d’accordo con la Torah che denuncia il male, che indica ciò che è veleno. Difatti, dice alla donna: non farti più del male, ma anche se tu lo commettessi altre 1.000 volte, io non ti condannerò mai, perché: Dio condanna il male, ma non i suoi figli. Questa è la nuova immagine di Dio che Gesù ha introdotto nel mondo. Dio non fa giustizia facendo a pezzi e mandando all’inferno i suoi figli che hanno sbagliato, questo non è fare giustizia. Questo è un modo per fare vendetta, non torniamo a recuperare le immagini di Dio, che hanno in mente gli scribi e i farisei.
A noi, Lui ha tolto le pietre di mano. Non le possiamo scagliare, ma qualcuno pensa che, alla fine poi le tirerà Lui le pietre, un giorno ci penserà Dio a castigare … finiamola col proiettare in Dio la nostra cattiveria. Gesù ha pagato con la vita l’annuncio del Dio che è amore, e solo amore, che non condannerà mai nessuno dei suoi figli. Un giorno l’hanno portato davanti al Sinedrio non nell’occasione in cui lui ha pronunciato la sentenza di non condanna dell’adultera; un giorno lo porteranno davanti al Sinedrio e lo condanneranno proprio per l’annuncio dell’immagine del vero Dio che ama e ama soltanto.
Quel Dio che ha chiesto a noi, di non condannare nessuno e non saremo condannati. Lui è il primo che pratica questo ordine che dà a noi; non condannare mai la persona. Quando va fuori strada, sbaglia … aiutala a recuperare. Nella vita, questo è fare giustizia, non giustiziare. Se noi aspettiamo e accogliamo questa immagine di Dio, noi tranquillizzeremo il nostro cuore. Come dice Giovanni nella sua prima lettera: “qualunque cosa il nostro cuore ci rimproveri, perché Dio, è più grande del nostro cuore”.
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