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6ª DOMENICA DI PASQUA

  • Immagine del redattore: don Luigi
    don Luigi
  • 23 mag
  • Tempo di lettura: 15 min

Dal Vangelo secondo Giovanni (14, 23-29)

 

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

 

Anche questa domenica ci viene proposto un brano del discorso che Gesù ha rivolto ai discepoli durante l’Ultima Cena e quindi è parte del suo testamento. Giovanni nota nel suo Vangelo, che quando Giuda è uscito dal cenacolo era notte, lo ha visto quindi avvolto nell’oscurità perché Giuda aveva preferito la tenebra alla luce. Gli unici che sono rimasti con Gesù sono spaventati, turbati, infatti per due volte Gesù raccomanda loro “non sia sconvolto il vostro cuore, non si sgomenti”; in che condizioni si trovano questi 11? Hanno coltivato grandi speranze e adesso capiscono che il loro Maestro sta per lasciarli; se quando Gesù era con loro erano così esitanti, così incerti, cosa c’è da aspettarsi adesso, quando rimarranno soli?

Secondo i criteri umani, direi che mancano tutti i presupposti perché questo gruppo smarrito possa dare inizio a una nuova storia del mondo. Possiamo anche intuire noi oggi che se questo capovolgimento del mondo è accaduto, c’è da supporre che questo gruppo abbia operato insieme con una forza che non è di questo mondo, ed è proprio di questa forza divina che Gesù adesso vuole parlare ai discepoli per prepararli al momento in cui non potranno più contare sulla sua presenza fisica accanto a loro.

In questo momento drammatico, 4 discepoli rivolgono a Gesù delle domande, gli sottopongono le loro incertezze, le loro perplessità. Il numero 4, lo sappiamo, indica la moltitudine, l’umanità intera e concretamente sulla bocca di questi quattro discepoli, noi troviamo gli interrogativi che ci poniamo noi oggi che siamo come loro, cioè a un certo punto non c’è più la presenza fisica del Maestro.

Il primo a porre l’interrogativo è Pietro e dice: “Signore dove vai? Io vorrei seguirti e tu dici che io non posso seguirti ora… perché non posso seguirti?” Gesù gli dice: “No, tu mi seguirai più tardi”. Pietro insiste e allora Gesù dice: “Pietro, prima che un gallo canti, tu mi rinnegherà 3 volte”. Noi vorremmo seguire Gesù, ma prendiamo coscienza delle nostre fragilità e Gesù ci capisce in queste nostre fragilità.

Seconda domanda che viene posta è quella di Tommaso che dice a Gesù: “Ma non sappiamo dove vai, come facciamo a conoscere la via? L’interrogativo è proprio quello del cammino della nostra vita, sono tante le strade che si aprono davanti a noi, tante quante sono le proposte di vita che ci vengono fatte da amici, da persone che ammiriamo, dai mass-media … quante strade ci vengono spalancate davanti, qual è quella giusta? Quella che porta alla gioia, alla pace che noi cerchiamo?

Di fronte a tutte queste strade, tante volte rimaniamo disorientati … ecco cosa dice Gesù: “Io sono la via”. Non cercare altre strade, non saresti felice, noi siamo fatti per questa via, l’unica che conduce al Padre. Interviene Filippo e dice a Gesù: “Mostraci il Padre”. E Gesù dice a Filippo: “Da tanto tempo sono con voi, non mi hai ancora riconosciuto Filippo? Chi vede me, vede il Padre”. Ecco un’altra domanda che noi poniamo a Gesù, vedete che sulla bocca di questi discepoli ci sono i nostri interrogativi … come vedere il Padre? L’unico modo, guardare, contemplare Gesù e noi vediamo il Padre, noi Gesù oggi lo contempliamo nel Vangelo; i 4 Vangeli, da 4 prospettive diverse ci fanno vedere Gesù, il figlio di Dio al quale noi dobbiamo assomigliare, dobbiamo unire la nostra vita alla sua per essere simili al Padre.

Interviene Giuda, il quarto, il Giuda non l’Iscariota che è uscito dal cenacolo, l’altro Giuda e gli dice: “Signore, che cos’è accaduto che stai per manifestare te stesso a noi e non al mondo?” Noi vorremmo che tu ti manifestassi al mondo con segni, prodigi straordinari, cioè vogliamo assistere a una manifestazione tua che susciti del clamore … era ciò che desideravano anche i parenti di Gesù.

Si percepisce, in queste parole di Giuda, la delusione degli 11, i quali sembra che vogliono dire “noi siamo stati con te per 3 anni, abbiamo creduto in te, abbiamo vissuto un’avventura meravigliosa … e adesso, ecco che tu te ne vai, tutto è finito e noi torniamo alla vita di prima, non è cambiato nulla. Hai annunciato il regno di Dio, un regno di giustizia, di amore, di pace, ma in realtà il mondo è ancora quello di prima”. Il momento di scoraggiamento che stanno vivendo questi 11, è lo stesso che sperimentiamo noi oggi quando non vediamo le nostre speranze che si realizzano, quando siamo tentati di rassegnarci di fronte al male. Penso a tanti giovani che nei primi anni della loro giovinezza, hanno coltivato speranze, volevano veder nascere un mondo nuovo, una Chiesa più evangelica, si sono anche impegnati perché questo si realizzasse, poi a un certo punto è subentrata in loro la delusione e hanno concluso … “pazienza, abbiamo creduto in un bel sogno, ma il regno di Dio non si realizzerà mai”. Ecco, questo è il contesto in cui vanno collocate le parole di Gesù che tra poco noi ascoltiamo, sono la risposta a questi interrogativi.

Sentiamo che cosa dice Gesù: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Le parole di Gesù che abbiamo ascoltato, sono la risposta che Lui dà all’interrogativo sollevato da Giuda Taddeo: “Come mai tu Gesù di manifesti a noi e non al mondo?”

Dice Gesù: “Se uno mi ama…” “La rivelazione che io do è quella dell’amore e al mondo, questa rivelazione non interessa, al mondo interessa la manifestazione del potere, dominio, gloria, ricchezza… queste rivelazioni lui le apprezza, le ammira, le coglie immediatamente. La mia rivelazione non è questo tipo, io non faccio miracoli, i prodigi li compie la fede che danno alla mia Parola, chi crede nel mio Vangelo assiste a prodigi, non compio io miracoli”. Mai nel Vangelo si dice che Gesù ha compiuto miracoli, il termine “faumatà” non ricorre per presentare ciò che Gesù compie, il mondo si aspetta queste rivelazioni … non è questa la rivelazione che Gesù dà. Dice Gesù: “Io parlo del dono della vita, del dimenticare se stessi, del servizio umile al povero, del mettere i propri beni a servizio di chi è nel bisogno, parlo del dono della vita anche per il nemico”. Il mondo questa rivelazione non la capisce, il mondo apprezza, non colui che serve, ma colui che ha molti servi.

C’è un episodio nel Vangelo che ci mostra molto bene come il mondo non possa recepire la rivelazione di Gesù… a un certo punto del processo, Pilato si trova nei pasticci perché si è reso conto che Gesù non ha fatto nulla di male, ma non può scontentare Anna e Caifa e non sa come uscire da questo pasticcio; allora invia Gesù da Erode Antipa che casualmente si trovava a Gerusalemme perché era la Pasqua. Quando Erode vede arrivare Gesù si rallegra perché da molto tempo voleva vederlo, si aspettava una rivelazione di Gesù, una manifestazione della sua gloria … voleva assistere a miracoli, questi sì che lo avrebbero convinto a seguire Gesù! Dice l’evangelista Luca che Gesù non gli ha rivolto nemmeno una parola… e allora che cosa fatto Erode? Lo ha disprezzato, che vuol dire lo ha annientato, gli ha detto: “Tu non sei nessuno, non vali niente, la tua rivelazione non conta nulla, vattene via sei un fenomeno da baraccone”. Ecco, credo che molti discepoli anche oggi siano vittime dell’equivoco che aveva in mente Giuda Taddeo e anche i familiari di Gesù, che si aspettavano queste manifestazioni, tanti discepoli di oggi si aspettano miracoli, prodigi … i prodigi li fa la fede, se noi diamo l’adesione al Vangelo accadono prodigi nel mondo, ma non aspettiamoci questi miracoli che vengano giù dal cielo.

Mai nei Vangeli si dice che Gesù ha compiuto miracoli, sempre segni, prodigi, quando si dà fede alla sua Parola; difatti Gesù chiama coloro che si aspettano queste manifestazioni gloriose, “gente malvagia e perversa”. Dice Gesù: “osserverà la mia parola”. Gesù spiega cosa significa amare, significa entrare in sintonia con la sua vita come la sposa unisce la propria vita allo sposo; questo è l’amore, non un vago sentimento! Amare Gesù vuol dire portarlo nel cuore, vivere come Lui è vissuto! E che cosa accade a chi si lascia coinvolgere in questo amore? Dice Gesù, “il Padre mio lo amerà”. Non si tratta di un premio che si riceve alla fine della vita! Tu entri immediatamente in comunione con Dio, in te si manifesta la vita che è quella di Dio perché tu ami. E continua Gesù: “Noi verremo presso di lui e faremo dimora accanto a lui”. Dio che dimora in colui che ama. Sta dicendo un qualcosa di straordinario, adesso Gesù! Quando uno ama, in lui è presente Dio; Gesù era “Dio con noi” perché mosso pienamente dallo Spirito, dalla vita divina che è amore. Adesso questo amore, questo Spirito, è stato donato ad ognuno di noi quando si manifesta questo amore, attraverso di noi, si manifesta la gloria di Dio … quella manifestazione che purtroppo il mondo non riesce a recepire.

Ecco, direi, questa è una delle presenze reali di Gesù in mezzo a noi, Gesù è presente nel pane eucaristico spezzato e condiviso, è presente nel povero, è presente dove due sono uniti nel suo nome, è presente nella Parola del Vangelo, ma è presente in ogni discepolo che ama, in lui si rivela il figlio di Dio presente nel mondo. E “chi non ama – dice Gesù – non osserva le mie parole”. Ecco, se non ami, se non accogli la sua Parola, tu appartieni ancora al mondo che non è capace di cogliere la vera rivelazione che Gesù dà. E “la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato”. Le autorità tendevano a dividere Gesù dal Padre, non accettavano questa manifestazione del volto di Dio, perché la struttura religiosa degli scribi, dei farisei, dei sacerdoti del tempio, apparteneva ancora al mondo e non recepiva la rivelazione che Gesù era venuto a dare. Gesù insiste dicendo “la parola che io annuncio, la mia rivelazione non è mia, è quella del Padre del ciclo”. Gesù sa a questo punto, che i discepoli hanno paura, fa paura il dono della vita, fa paura questo amore e fa paura loro adesso il fatto che rimangono soli, non ci sarà più il Maestro accanto a loro per infondere in loro coraggio, fa una promessa Gesù, ascoltiamo: Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Poco prima che Giuda Taddeo sollevasse il suo interrogativo sul quale ci siamo soffermati, Gesù aveva fatto una promessa ai discepoli, lì nel cenacolo, aveva detto: “Non vi lascerò orfani, il Padre vi manderà un altro Paràclito”. Cosa sta dicendo Gesù? Anzitutto il termine “Paràclito”, nell’antica traduzione lo si era reso con “consolatore”, poi ci si è resi conto che non rendeva bene l’idea che ha il termine greco “Paracletos” e allora si è conservata questa traslitterazione del termine greco Paràclito, significa colui che è chiamato vicino, colui che viene in tuo soccorso, il protettore. Questa promessa Gesù l’ha fatta ai discepoli nel cenacolo, ma è riferita a tutti noi, noi sentiamo il bisogno di avere qualcuno al nostro fianco. Una delle prove più difficili della nostra fede è il senso di isolamento in mezzo a un mondo che pensa, ragiona, agisce secondo criteri ben diversi da quelli evangelici. Se noi parliamo di perdono, di amore per il nemico, di mitezza, di castità, di dominio di sé, di amore coniugale incondizionato, se parliamo di vita eterna … veniamo presi come persone che fanno discorsi fuori dal mondo, non sono discorsi che vanno di moda. Chi si comporta secondo i criteri della morale evangelica si comporta in modo incomprensibile perché ragiona secondo i criteri di questo mondo.

Il Paràclito è chiamato a fianco di chi vuole vivere in modo evangelico, perché il Paraclito ti fa sentire che non sei solo; se tu senti una voce che ti dice: “hai fatto delle scelte evangeliche, ciò che fai è giusto, sono scelte di vita che ti porteranno alla gioia”, quando senti questa voce, era quella del Paràclito che ti sta accanto, ascoltalo! Ma il Paràclito significa anche “difensore”, ci difende da che cosa? Ci difende da tante voci che noi sentiamo, quando senti ragionamenti che ti invitano ad adeguarti al così fan tutti, al goderti il momento presente, a pensare a te stesso, a disinteressarti degli altri … poi dentro di te senti una voce che ti dice che le cose non stanno così, ti dice che questi sono discorsi di morte che non li devi ascoltare … bene, quello è lo Spirito che ti difende e difende la tua vita dal veleno che è diffuso dalla mondanità, dalla logica pagana che è predicata da tanti mass-media. Quando tu senti questa voce, è lo Spirito che difende la tua vita per non perderla, quando qualcuno si ripiega sulla vita di questo mondo come se fosse l’unica e ti invita a comportarti anche tu in questo modo, “goditela, non donarla”, e poi senti una voce che ti dice “dona la vita se vuoi conservarla”, quello è lo Spirito che ti parla.

Adesso Gesù identifica questo Paracleto, “lo Spirito Santo che il Padre invierà”, avrà due compiti da svolgere. Il primo: “vi insegnerà tutte le cose”, che Gesù ha detto non aggiunge nulla, ma ve le insegna lo Spirito, ci porta a comprendere sempre meglio il messaggio di Gesù. È una promessa questa, che noi vediamo realizzata nella vita della Chiesa e anche nella nostra vita personale. Oggi il Vangelo lo comprendiamo più e meglio di ieri, meglio di qualche secolo fa. E quante volte sento ripetere quando faccio una spiegazione del Vangelo, dice: ma qui si cambia tutto! No, non si cambia niente, il Vangelo non cambia affatto, è che oggi lo capiamo meglio di ieri ed è un peccato contro lo Spirito rifiutare questa nuova luce. A volte sento anche dire: perché non ci avete detto prima queste cose? Perché prima non l’avevamo ancora capite, prima c’era anche un peccato all’interno della Chiesa, la chiusura del cuore alla luce di questo Spirito e alla sua voce. E poi ci insegna che cosa ancora lo Spirito? Oltre a farci capire sempre meglio quel che Gesù ha detto, ci insegna a riformulare la Parola del Vangelo in un linguaggio sempre nuovo per renderlo comprensibile ad ogni cultura, in ogni epoca. Lo Spirito non è un maestro teorico, non è che ci dà delle indicazioni esterne a noi, lo Spirito agisce nel nostro cuore, è la nuova vita, per cui se noi ascoltiamo lo Spirito, viviamo come Gesù è vissuto, sempre obbediente alla sua vita divina. È lo Spirito che viene da dentro la norma che noi dobbiamo seguire, la voce dello Spirito.

Il secondovi farà ricordare tutte le cose che io vi ho detto”. Oltre a insegnare, Lui ricorda, mantiene viva la memoria. Il verbo ricordare è molto importante nella Bibbia, Dio non vuole che il suo popolo dimentichi le opere che Lui ha compiuto in favore del suo popolo. È facile perdere la memoria della propria identità di figli di Dio e tornare a ragionare, a parlare, a vivere come fanno tutti, lo Spirito ci richiama continuamente che Gesù ha ragione. E adesso la promessa di un dono che Gesù ci fa, sentiamo: Vi lascio la pace, vi dono la mia pace. Non come la dà il mondo, io la dono a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e verrò a voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Noi oggi sappiamo che la promessa di Gesù si è compiuta nella Pasqua perché il Padre del cielo ha inviato il suo Spirito che ci istruisce e in ogni momento ci ricorda ciò che Gesù ha detto, e ci dice Lui ha ragione, quando ti fa le sue proposte di vita, quella è la vera vita … ma è possibile avere una verifica della presenza in noi di questo Spirito. Bene, ci sono due segni inequivocabiliche questa vita divina è presente in noi, sono la pace e la gioia. Perché la pace e la gioia possono essere presenti solo in chi ama, se non hai amore sarai sempre inquieto, turbato, puoi essere pieno di soldi, di piaceri, di successi, ma non avrai la gioia perché tu sei fatto bene, sei fatto per amare. Quindi il segno definitivo che Dio è in noi e noi siamo in armonia con la vita divina che c’è stata donata, è la pace, la gioia. Adesso Gesù ci spiega che cosa si intende per pace, che cos’è la sua pace che è diversa da quella che offre il mondo. Che cos’è il mondo? È impiegato in tre sensi diversi, nel Vangelo secondo Giovanni per mondo si intende a volte, il creato, la terra. Il figlio di Dio è stato inviato nel mondo, è diventato uno di noi, ma quando Gesù dice che Dio “ha tanto amato il mondo da dare il figlio suo”, oppure quando Lui dice “io non sono venuto nel mondo per condannare il mondo, ma per salvare il mondo”, allora qui per mondo si intende l’umanità che deve essere salvata, è l’umanità che è amata dal Padre del cielo, al punto che Lui ho offerto il suo figlio unigenito. Nel nostro brano, quando si parla di mondo si intende la mondanità, cioè quel modo di pensare, di vivere che è dettato dal maligno e che dà origine alla società guidata dalla logica della competizione, quella del dominio, volersi imporre agli altri. Eccolo il mondo che crea questa società, il mondo guidato da questa logica malvagia, offre anche lui la sua pace, ma di che pace si tratta? È la “pax romana”, era ben conosciuta al tempo di Gesù, perché l’impero romano si estende su tutto il mondo e nessuno può reagire perché è lui che comanda. La pace del dominio, della violenza, il più debole non ha ancora la forza di ribellarsi, deve stare sottomesso. La pax romana è semplicemente l’intervallo fra due guerre, quella pax romana che giustificava la schiavitù.

Gesù cambia il concetto di pace, la pace di Gesù si fonda sull’amore che abbatte le barriere, non traccia i solchi come ha fatto Romolo, è la pace che unisce i cuori, che pone il più forte, il più capace, il più dotato a servizio del più debole e bisognoso. L’altro non è un fratello da uccidere, come ha fatto Romolo se non gli stava sottomesso, o da asservire, ma è uno da amare, l’altro è un fratello, figlio dell’unico Padre del cielo; e il mondo nuovo non è più quello dei lupi che offrono la loro pace, che è la pace dei cimiteri dove tutti devono stare zitti, ma è il mondo degli agnelli dove ognuno mette la propria vita al servizio dei fratelli, solo questa è la vera pace.

Continua Gesù: “Non sia turbato il vostro cuore”. Indica l’agitazione delle onde del mare. Anche Gesù ha sperimentato questo turbamento, viene ricordato tre volte nel Vangelo secondo Giovanni, Gesù è turbato di fronte alla tomba di Lazzaro, Gesù è turbato e lo dice ai suoi discepoli quando è giunta la sua ora, e poi è turbato nel cenacolo quando a un certo punto dice, Gesù è turbato e dice: “uno di voi va a consegnarmi”. Ecco, la pace di cui parla Gesù è compatibile anche in questi momenti di turbamento che noi dobbiamo mettere in conto nella nostra vita, li ha provati anche Gesù i momenti di turbamento, di agitazione, ma bisogna imparare a trovare la pace nel proprio intimo, pace con se stessi, con la propria coscienza, con ciò in cui si crede, per come abbiamo impostato la nostra vita in sintonia con lo Spirito. Non possiamo far dipendere la pace da ciò che accade fuori di noi, la pace vera nasce dall’unione con Dio, dal dialogo con lo Spirito, nella fede bisogna imparare a vedere le cose in un modo diverso, le gioie, le sofferenze sono inquadrate alla luce del Vangelo, alla luce dello Spirito.

Poi Gesù assicura la sua presenza accanto a noi, dice: “io vado, ma vengo a voi”. La sua venuta, la prima venuta, entrata nel nostro mondo che è condizionato dallo spazio, dal tempo, quando Gesù era a Cafarnao non era con sua mamma a Nazareth e la sua mamma sentiva la distanza di Gesù, adesso, quando Gesù è tornato al Padre, tutti questi limiti sono caduti e quindi è sempre accanto a noi. Per cui Lui dice “voi dovreste rallegrarvi che io vado al Padre perché entro in questa condizione nuova, fuori da tutti i limiti dello spazio e del tempo”. Quindi è sempre accanto ad ognuno di noi e: “vi ho detto queste cose affinché, quando accadranno, voi crediate”. Ecco allora l’invito che Lui ci fa a dare la nostra adesione, la nostra piena fiducia alla sua proposta di amore, perché soltanto questa proposta, quando è vissuta, ci colloca nel mondo della pace e della gioia.

 
 
 

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