Mensa della Parola: Is 55,1-11; Sal Is 12,2-6; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11
Magi, Battesimo e Cana: tre tappe di una catechesi sull’universalità della fede, tre momenti della stessa rivelazione, dell’unica alleanza. Ci troviamo di fronte a un progetto di altissima teologia consolidata, che mal si coniuga con la superficialità della cronaca, tesa a individuare i particolari, quasi da diario. È la prova definitiva che, avendo smarrito i modelli esegetici delle prime comunità apostoliche, basate sulla cultura giudaica della Bibbia e sugli strumenti come il midràsh, restiamo incapaci, oggi, di cogliere la profondità del messaggio spirituale e di pensiero, perché all’occidentale interessa solo «il dato storico bruto» come unico fondamento della verità. La Bibbia si nutre dello Spirito del risorto, il quale, per sua scelta e per scelta degli uomini di potere, religioso e politico, transita sulla via della sofferenza che porta alla morte, senza poterla evitare.
Il Battesimo di Gesù, dal punto di vista teologico, è un problema serio: com’è possibile che Gesù, accreditato come Figlio di Dio e Messia d’Israele, possa ricevere un battesimo di penitenza per il perdono dei peccati? È un controsenso: Gesù, il Figlio di Dio per i cristiani2 e il Messia atteso da Israele si fa trovare in fila con i peccatori, in tutto identico a loro, bisognoso di un «battesimo di penitenza»? Ricevere il battesimo di penitenza di Giovanni equivale a dichiarare che Dio ha bisogno di perdono e purificazione. Una contraddizione logica e teologica. Il problema è tanto grave che Mt per gli Ebrei e Lc per i pagani cercano di sminuirne la portata da un punto di vista letterario, come vedremo più avanti, visto che non possono negare il «dato storico». Lc, per es. non dice espressamente che Gesù «fu battezzato» come afferma, invece, Mc 1,9, ma descrive l’apertura del cielo e sottolinea l’atteggiamento orante di Gesù (Lc 3,21-22). Forse bisogna rivedere di sana pianta la teologia cristologica e riscriverla a partire dai dati biblici e non cercando nella Bibbia conferme alle teorie teologiche formalizzate nei secoli successivi, spesso per motivi non nobili.
Il Battesimo di Gesù è un fatto storico certo che non si può eliminare, anche se crea difficoltà ad Ebrei e Pagani nell’accettare Gesù come Messia e Dio. Proprio questa difficoltà ad ammetterlo è testimonianza autentica della sua storicità e anche della credibilità dei vangeli sinottici che lo riportano. Se Cristo fosse un’invenzione e gli apostoli avessero voluto fare propaganda a una nuova religione, avrebbero espunto sia il battesimo sia le tentazioni (Mt 4,1-11; Mc 1-12-13; Lc 4,1-13), perché sarebbero stati «argomenti contro» la loro stessa predicazione. Il racconto del battesimo (e delle tentazioni) avrebbe dovuto essere escluso dalle «Sacre Scritture» perché costituiva un impedimento alla fede in Gesù Messia. Prendiamo atto che il «fatto» del battesimo è riportato da tutti e quattro gli autori dei vangeli (Mc 1,9-11; Mt 3,13-17; Lc 3,21-22; Gv 1,28-34). Questa unanimità ci inchioda alla veridicità storica del vangelo: anche se apparentemente quello che si annuncia è contro la logica e l’obiettivo che si prefigge, se è un fatto deve essere detto. Non spetta a noi scegliere ciò che conviene, perché il vangelo non è un opuscolo di propaganda, ma uno scrigno dove è racchiuso il «mistero» di Dio che solo le persone di Dio, animate dal suo Spirito, possono comprendere. L’apostolo non deve convincere alcuno con prove e ragionamenti, ma deve solo testimoniare la «Via» (At 19,9; 24,14.22) che è Gesù che viene e vive in mezzo a noi. Leggendo i vangeli noi ci troviamo di fronte ad alcune incongruenze che non ci fanno difficoltà perché nella Scrittura nulla è superfluo e anche il più piccolo dei segni alfabetici contiene in sé «settanta significati». Contro ogni evidenza…
Gesù è nato lontano dal tempio e dalla sua liturgia? - Noi lo diremo (Lc 1,26-38 con 1,8-22; 2,7.12.16)!
Si è messo in fila con i peccatori, lui, il Figlio dell’uomo/di Dio, il Santo che i Cherubini e i Serafini adorano (vangelo odierno)? - Noi lo diremo.
Si è scagliato contro il potere religioso e politico, conniventi per opportunismo? - Noi lo diremo (Mt 23,13.15.23.25.27.29; Mc 10,40-45; Lc 13,32)!
Ha prediletto i poveri disprezzando i ricchi e i potenti? - Noi lo diremo (Lc 6,20-26)!
È stato considerato dai suoi concittadini «figlio illegittimo» tanto che lo designavano con disgusto come «figlio di Maria» (Mc 6,3)? - Noi lo diremo.
Frequentava cattive compagnie come prostitute, pubblicani, lebbrosi che nessun figlio di buona famiglia avrebbe mai frequentato? - Noi lo diremo (Lc 7,36-50; Mt 9,10-11; 11,19; 21,32).
È morto in croce nudo e come un malfattore? - Noi lo diremo (Gv 23,23-24; Mt 27,38)!
Lo Spirito Santo farà il resto e convertirà i cuori umani, quando vorrà secondo il suo disegno di amore. Celebrando il Battesimo del Signore, ritorniamo al nostro battesimo e rinnoviamo quelle promesse e quegli impegni che allora altri fecero in nome e per conto nostro, mentre oggi, davanti alla Chiesa e al mondo intero, vogliamo essere noi a «confessare» che Gesù Cristo è Signore (Fil 2,11). Per questo invochiamo lo Spirito che ha aperto i cieli e ha rivelato il volto umano di Dio nel volto di Gesù di Nazareth. A noi non resta che immergerci nella Parola e lasciarci orientare da essa.
Esame di coscienza
Idealmente, andiamo pellegrini alle sponde del Giordano, il fiume che unisce il Nuovo e l’Antico Testamento perché fu testimone del passaggio del popolo d’Israele, guidato da Giosuè/Gesù, successore di Mosè e fu anche testimone del Battesimo di Gesù/Giosuè/Figlio di Dio che si mette in fila con i peccatori, prima di ricevere l’investitura messianica dalla voce del cielo. Per fare memoria del Giordano, oggi benediciamo l’acqua con la quale saremo aspersi in memoria del nostro battesimo, ma prima poniamoci all’ombra della Santa Trinità perché come in essa siamo stati battezzati, così possiamo testimoniare che tutta la nostra vita, pensieri, parole e azioni sono sotto il suo segno e il suo sigillo. Il Battesimo è il nostro passaggio delle acque del Mar Rosso. In forza di esso, siamo consacrati figli di Dio e abilitati a celebrare l’Eucaristia; per questo invochiamo il perdono di Dio per essere degni di stare davanti alla Shekinàh/Presenza e d’invocare il suo Nome.
Invocazione sull’acqua
Preghiamo Dio Padre, perché siamo segnati dall’acqua, simbolo nella Scrittura dello Spirito Santo.
Benedetto sei tu, Dio, Padre onnipotente: hai creato l’acqua che purifica e dà vita. Gloria a te, o Signore!
Benedetto sei tu, Dio, unico Figlio, Gesù Cristo: hai versato dal tuo fianco acqua e sangue, perché dalla tua morte e risurrezione nascesse la Chiesa. Gloria a te, o Signore!
Benedetto sei tu, Dio, Spirito Santo: hai consacrato il Cristo nel battesimo del Giordano, perché noi tutti fossimo in te battezzati. Gloria a te, o Signore!
Aspersione con l’acqua
Aspersi con l’acqua, siamo benedizione per coloro che incontriamo. Kyrie, elèison!
Perdonati, perdoniamo non solo sette, ma fino a settanta volte sette. Christe, elèison!
Chiamati al ministero dell’Eucaristia, siamo consolazione per chiunque. Kyrie, elèison!
In ascolto della Parola di Dio, possiamo trovarlo negli eventi e nelle persone. Christe, elèison!
Dio redentore, che ci ha fatti passare illesi il Mare Rosso, che ci ha dissetati nel deserto con l’acqua della Roccia, che è Cristo, che ci ha battezzati nella morte e nella risurrezione del suo Figlio, per i meriti del santo profeta Mosè e soprattutto per i meriti del Signore nostro Gesù Cristo, abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Amen.
Spunti per la riflessione e preghiera
I Padri della chiesa definivano il battesimo come «prima tavola della salvezza» cui è collegata la «seconda tavola della salvezza», ovvero il sacramento della penitenza o riconciliazione come recupero e ripresa in caso di smarrimento. Sant’Ambrogio che mette in relazione le due conversioni con queste parole: «La Chiesa ha l’acqua e le lacrime: l’acqua del Battesimo, le lacrime della Penitenza». Soltanto dei propagandisti suicidi potevano pretendere di convincere i Giudei che Gesù era il Messia, raccontando che si era fatto battezzare con un battesimo di penitenza. Solo degli sprovveduti potevano presumere di convincere i pagani a credere in un Dio che si mette in fila con i peccatori per ricevere il battesimo di perdono. Che Dio è, colui che si mischia con le debolezze umane e si sporca dell’umanità inquinata che è propria dell’uomo limitato? Qui c’è un’altra differenza sostanziale tra cristianesimo, ebraismo e musulmanesimo: il Dio di Gesù Cristo è un Dio che si mette in fila con i peccatori, li sceglie come privilegiati destinatari della sua predicazione (Lc 15,1-2) e addirittura tocca gl’impuri, mangia con loro ed entra nelle loro case (Mt 8,3; 26,6), contravvenendo alle norme religiose e civili, per essere il segno fedele di Dio che sceglie di piantare la tenda in mezzo a noi (Gv 1,14). Gesù ha vissuto nel segno della contraddizione e contro tutte le convenzioni della sua epoca. Non fu un oppositore di tutto ciò che pretendeva di essere un «assoluto»: la religione (Gv 2,13-22), il potere economico-politico (Mc 10,40-45), le tradizioni e la cultura imperante (Mt 15,6). Fu un innovatore che seppe guardare in avanti e spinse i suoi discepoli a rischiare in proprio andando ad incontrare gli uomini nel loro stesso terreno: la vita vissuta nelle strade della storia (Lc 10,1-16).
Il Battesimo di Gesù rientra nella categoria dei gesti rivoluzionari di Dio: un atto dirompente che spezza gli schemi dello stesso concetto di divinità. Noi ne abbiamo fatto quasi un rituale civile di accoglienza ufficiale di un nuovo membro nella società. Il battesimo ha perso la sua dirompenza per diventare una mistura senza alcun connotato di fede. Ridotto al rango di benedizione beneaugurate contro le inevitabili avversità della vita. I genitori spesso non sanno quello che fanno, i padrini e le madrine sono scelti per motivi che esulano dalla fede e i bambini battezzati sono condannati ad aumentare il numero statistico delle adesioni alla Chiesa, ma nella pratica di un ateismo vissuto e ammantato di un velo di religiosità: “senza infamia e senza lode”. La Chiesa dovrebbe essere gelosa del «battesimo» e concederlo solo dopo un lungo, lunghissimo catecumenato che deve coinvolgere in primo luogo i genitori del bambino ed eventuali altri membri della famiglia. Il battesimo non è una tappa di arrivo, ma il punto di partenza che abilita alla celebrazione eucaristica, per sua natura, compimento al battesimo. Esso, a sua volta trasforma radicalmente lo «status vitae» di chi lo riceve, perché non è gesto contro il malocchio, ma l’innesto vitale del tralcio nella vite, il Cristo Gesù (Gv 15,5).
Se leggiamo insieme con un colpo d’occhio, i quattro testi del Battesimo, ci accorgiamo subito delle difficoltà che gli stessi evangelisti cercano di superare.
Mc che è il più immediato ed esprime ancora una teologia poco sviluppata, non prova alcun imbarazzo ad ammettere che «Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni» (Mc 1,9). Dal punto di vista letterario, tutti i verbi narrativi sono nella linea principale dell’azione del soggetto.
Mt invece che scrive dopo Mc per i cristiani che provengono dal Giudaismo, si rende conto della difficoltà che il Battesimo di Gesù può avere per essi e cerca di sminuirne la portata, mettendo la notizia in una frase di secondo piano: «13 Gesù… andò… da Giovanni per farsi battezzare… 14 Giovanni voleva impedirglielo… 16 Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua …» (Mt 3,13-16).
Lc a sua volta, non riesce affatto a dire che Gesù ha ricevuto il battesimo e non solo cerca di non dare importanza all’evento, ma addirittura crea uno scenario nuovo. È evidente che il livello narrativo principale è dominato dal cielo nell’atto di aprirsi, mentre il battesimo, poiché non può essere taciuto, a malincuore è menzionato quasi sperando che i lettori non se ne accorgano. Sicuramente il fatto di ammettere che Gesù, ritenuto il Messia, sia stato battezzato con un battesimo di penitenza che prevede il pentimento e il conseguente perdono dei peccati, non solo era inaccettabile per Ebrei e Greci, ma era un problema serio per la predicazione e la diffusione del Vangelo.
Gv 1,28-34, invece, non dice espressamente che Gesù fu battezzato, ma ne descrive l’investitura di Agnello ricevuta dallo Spirito Santo equiparando il battesimo a quello di sangue del «Servo» (Is 53, 7), citato da Isaia. Un evento così importante e controverso nella vita del Signore «avviene» perché chiunque tra i peccatori voltandosi indietro possa vedere in fila con lui anche il Figlio di Dio, il Benedetto, il Consacrato, il Santo d’Israele che, ultimo, chiude la fila dei peccatori che egli è venuto a chiamare a conversione: «Non sono venuto a chiamare giusti, ma peccatori» (Mc 2,17).
Le religioni del deserto si nutrono di molti riti di purificazione, estesi all’indefinito fino al parossismo, contro i quali si è scagliato Gesù (Mc 7,1-5). Alle nozze di Cana sono presenti ben sei giare pronte per le abluzioni contenenti, dice l’evangelista, 240 litri di acqua. A Qumran sono state trovate in grande quantità le piscine abluzionali. Le abluzioni devono essere ripetute continuamente perché sono temporanee. In questo contesto di purificazione s’inserisce Giovanni il Battista che predica, per la prima volta, un battesimo di penitenza: è una novità, tanto che i sacerdoti del tempio mandano una commissione per verificarne l’attendibilità (Gv 1,19-28).
Perché Gesù riceve il battesimo e qual è il significato? Un elemento comune ai vangeli sinottici sono «i cieli aperti» (Mc 1,10; Mt 3,16 e Lc 3,21) ispirati a Is 63,9-19 che ridanno lo Spirito dopo un lungo silenzio: nei tempi nuovi il Padre «squarcia [le acque] dei cieli» (Mc 1,10) e le dona al nuovo Mosè chiamato come nuovo «pastore» del popolo messianico. Gesù è paragonato a Mosè, di cui assume il ruolo e lo Spirito (Is 63,14; 61,1 citato anche da Lc 4, 18). Come Mosè è investito da Yahwèh per guidare la traversata del Mar Rosso (Es 14,14-22), così Gesù emerge dalle acque del Giordano, si squarciano le acque superiori e il Padre invia lo Spirito a dichiararlo «figlio amato».
Nota esegetica
La rivelazione della voce che dichiara Gesù «figlio amato/unigenito» che ritroviamo uguale nei tre Sinottici (Mc 1,11; Mt 3,17 e Lc 3,22) è una velata risonanza di Gn 22,2, dove Dio chiede il sacrificio di Isacco al padre Abramo: «prendi tuo figlio, il tuo unigenito [che ami]. Nella tradizione cristiana Isacco è figura di Cristo in ogni aspetto della sua vita. Isacco è chiamato da Dio stesso «figlio unigenito/unico di Abramo» e a scanso di equivoci o forse per affondare il coltello ancora di più nel cuore del padre aggiunge «che ami/prediligi» con la prospettiva della morte immediata; nel vangelo, la voce dichiara Gesù «figlio amato/unigenito/ unico», oggetto di «compiacimento» affinché tutti ne prendano consapevolezza di condivisione. Là c’è il sacrifico, qui c’è la missione consacrata a una missione. Isacco deve morire, Gesù deve servire. Isacco è il figlio della gratuità «ripreso», Gesù è il figlio donato senza condizione. Con Gesù inizia una nuova èra: il tempo della coscienza che nasce dalla relazione di conoscenza e dalla vicinanza /prossimità di Dio. Ora è il tempo della decisione che comporta la «conversione» (Mc 1,15), cioè della valutazione del pensiero e quindi dei criteri di scelta che possono essere generati solo in uno stato di libertà spirituale.
Non è più necessario attraversare il deserto per raggiungere la Terra Promessa, perché ora Dio torna a parlare all’umanità che può cercarlo e trovarlo facilmente tra i figli degli uomini: in Is 55,6 (1a lettura), non a caso invita a «cerare il Signore finché si fa trovare».
Un altro elemento comune a tutti e quattro i vangeli è la presenza dello Spirito (Mt 3,16; Mc 1,10; Lc 3,22; Gv 1,32). L’AT l’aveva associato fin nella prima pagina della Genesi al vento-soffio-respiro (ruách) che come una colomba si librava sull’acqua(Gen 1,2, lett. «covava le acque»). Nei profeti si ha uno sviluppo ulteriore perché lo Spirito è connesso direttamente all’acqua simbolo della Parola di Dio (Is 44,3; Ez 36, 25-25; Ger 31,1). Al tempo di Gesù, il Giudaismo, riflettendo sui testi di Isaia (Is 42,1; 11,2 e 61,1), si era prefigurato un Messia come portatore del dono dello Spirito (e quindi della Parola) con cui avrebbe inaugurato il giudizio definitivo di Dio, salvando un «resto», gli ‘anawim/ poveri di Yahwèh. Nel battesimo, Gesù è dunque indicato sia come Messia che come rappresentante di questo popolo fedele, di cui egli è il primogenito, «il figlio amato»(Mc 1,11). Il cielo torna ad aprirsi per ridare la parola di Dio al popolo, ponendo fine alla siccità del silenzio di Dio: «Si aprirono per lui i cieli… Ed ecco una voce dal cielo che diceva» (Mt 3,16.17).
Anche l’immagine dello Spirito in forma di «colomba» ci indirizza sulla stessa linea. Tre sono le interpretazioni possibili. Secondo la tradizione unanime del Giudaismo, la colomba è simbolo dell’assemblea di Israele. Lo Spirito-colomba inaugura i tempi messianici delle nuove nozze tra Dio e il suo popolo, simboleggiato nella colomba come nel Cantico dei Canticit: Dio-Sposo invita la colomba/Israele/sposa, la Gerusalemme nuova, a celebrare le nuove nozze nell’umanità di Gesù (Ct 1,15; 2,14; 4,1; 5,2; 6,9). La presenza della colomba nel Giordano significa che con Gesù Dio ha finalmente trovato la sposa perduta (Os 1-3) e le nozze possono essere celebrate. Gesù è il primogenito del popolo dei salvati, attraverso le acque del battesimo, che guiderà alla mèta del regno. Un’altra tradizione richiamerebbe la colomba del diluvio che ritorna con il ramo d’ulivo (Gen 8,10.12). Anche in questo caso, essa rappresenterebbe l’Israele che torna al suo Dio per ricominciare la nuova umanità che inizia con Noè. Un’altra interpretazione. Il testo originario parlerebbe della Shekinàh/Presenza gloriosa di Dio che si manifesta. Le tradizioni successive avrebbero mutato la Shekinàh in colomba con valore simbolico più ecclesiale. In questo caso la Gloria che si manifesta nel Giordano è la stessa Gloria che accompagnò Mosè (Is 63,12), che si posò sul Monte Sinai e che infine si stabilì sul tempio di Gerusalemme per fare d’Israele la «Dimora» di Dio (Es 24,15-18; 40, 34-38). Nel Battesimo di Gesù al Giordano si realizzano diversi momenti della storia della salvezza che qui trovano la sintesi e il loro compimento finale. Cristo è
- Il nuovo Mosè che guida il popolo nuovo verso l’alleanza rinnovata nel suo sangue.
- Il nuovo pastore che guida la chiesa ai pascoli della Parola e della Redenzione.
- Il nuovo Noè che conduce la barca dell’umanità nuova in era di pace.
- Il primogenito del popolo di Dio che guida la traversata del nuovo Mar Rosso, la sua morte.
- Il Signore/Sposo che accoglie la sposa smarrita e ritornata per le nuove nozze definitive.
- Colui che compie il desiderio e la preghiera di Isaia 63,19-64,11 («Se tu squarciassi i cieli e scendessi…») alla cui luce il vangelo trova luce.
- Il Messia che inaugura gli ultimi tempi, raccogliendo i prediletti di Dio: storpi, ciechi, zoppi (Lc 4,18-19; Is 61,1-2).
Tutti i vangeli sono concordi nel riportare la menzione della «voce celeste», ma non sono d’accordo sul contenuto di ciò che la voce dice in riferimento a Is 42, 1 e/o al Sal 2,7 di Gesù Servo di Yahwèh e indirizzando verso una cristologia più alta: quella del Figlio di Dio con il quale si riapre il tempo della profezia sulla terra, perché Egli stesso è la Parola vivente che come la pioggia abbondante irriga la terra con il suo sangue e torna di nuovo al cielo.
Celebrare l’Eucaristia significa compiere pienamente il battesimo che ci ha inclusi per sempre nella storia di Dio che diventa così anche la nostra. L’Eucaristia è il culmine del battesimo e anche il suo fondamento, perché essa è il sacramento che convoca i battezzati e dà senso e significato al loro battesimo. Nelle acque del Giordano con Gesù anche noi stati battezzati «figli di Dio» e ora qui, alle sorgenti di questo altare, da cui scorre il fiume della vita e della grazia, noi prendiamo coscienza dei nostri impegni battesimali, ma anche del dono che abbiamo ricevuto: figli del popolo-sposa, battezzato nella misericordia che diventa amore nuziale di alleanza senza fine.
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