In memoria di Papa Francesco: “Grazie, Signore, per avercelo dato!”
- don Luigi
- 22 apr
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Le riflessioni che ci chiedono su una persona che conclude la sua missione terrena rivelano anche il nostro sguardo, il nostro orizzonte di riferimento. Non solo parliamo di loro, dunque, ma anche di noi stessi. Il nostro sguardo rivela il nostro cuore.
Cosa dire di Francesco che metta in luce la sua tempra umana con la quale ha incarnato il servizio nella Chiesa! Questa è stata fortemente caratterizzata dalla formazione familiare e sociale. È nato e cresciuto in una famiglia numerosa di migranti piemontesi stabilitasi nel quartiere di Flores, nella capitale argentina. La sua formazione comunitaria è avvenuta in parrocchia, quella culturale in università e quella teologica, spirituale ed ecclesiale, chiaramente fondata sul Vangelo e il servizio ai più poveri, nel seminario dei Gesuiti.
Ha incarnato in maniera personale, non poteva essere diversamente, il ruolo di responsabile delle comunità gesuitiche dell’Argentina, nei tempi tragici della repressione militare, di Vescovo metropolita di Buenos Aires, camminando nelle Ville Miseria e muovendosi con i mezzi pubblici, di vescovo di Roma e Papa della Chiesa universale.
Più dei suoi scritti magisteriali, le encicliche Evangelii Gaudium (2013), Laudato si’ (2015), Fratelli Tutti (2020), vere luci di riferimento del pontificato, quello che più ha segnato l’immaginario popolare sono stati i suoi gesti quotidiani e le scelte di vita di povero tra i poveri. Il suo insegnamento più efficace è stato l’andare a Lampedusa e a Lesbo, per evidenziare il dramma dei migranti che morivano in mare, le visite alle carceri, la decisione di offrire un servizio di bagni e docce per i poveri e i senza dimora a ridosso delle mura vaticane, le sue chiamate telefoniche e le visite inaspettate alle persone più fragili e agli intellettuali in ricerca di senso e di fede, l’accoglienza ai “potenti” della terra senza tacere sulle loro contradizioni e scelte politiche ed economiche contrarie alla pace e alla salvaguardia del creato. Già Papa Giovanni XXIII ci aveva educato a distinguere le ideologie dalle persone che le professano. Così anche Francesco ha sempre proclamato con chiarezza le verità del Vangelo e della vita, ma ha sempre accolto le persone come il bene più grande di tutte le loro professioni ideologiche e i loro progetti disumanizzanti e di potere messi in atto.
Il tema dei migranti è stato proposto come segno dei tempi evidenziando le cause della tragedia mondiale, che scarica sui poveri le conseguenze ed attribuisce loro diabolicamente anche la colpa della condizione precaria. Il suo costante richiamo all’assurdità delle guerre come risoluzione dei mali del mondo lo ha portato a invitare a disarmare non solo gli eserciti, ma anche le parole, proprio per portare assieme, con fatica, il peso della complessità moderna.
Figlio di migranti ha richiamato la Comunità dei credenti, quella civile e quella mondiale, a partire dalle periferie della società e della vita per costruire progetti di inclusione e partecipazione. Lo ha sperimentato di persona nella fragilità della sua vecchiaia e malattia. Questa non è stata un luogo di scarto, ma di cura, di sapienza relazionale nei confronti del Padre di Gesù Cristo e dei poveri. Anche lui ha avuto bisogno della cura di tante persone a cui ha saputo donare il sorriso e il grazie. Coloro che gli sono stati vicini nella cura e con la preghiera gli hanno fatto sperimentare la vicinanza di Dio e la sua tenerezza.
Il Regno di Dio che ha servito nella Chiesa rimane l’eredità e la missione anche del nostro servizio dei fratelli e sorelle. Questo servizio, invece di qualificarsi come una perdita di tempo e spreco di energie, ha un valore spirituale nascosto, ma efficace, perché fa crescere a dismisura la potenzialità di umanizzazione presente nella quotidianità povera. Ci parla del grande mistero/sacramento dell’Incarnazione dove avvertiamo la presenza del divino in ogni frammento di vita, in ogni incontro, in ogni volto in cui ci specchiamo. Anche le persone che hanno memoria del suo servizio e a cuore la cura dei poveri dicono con Sant’Agostino: “Signore non ti chiediamo perché ce lo hai tolto, ma ti ringraziamo per avercelo dato. I nostri occhi pieni di lacrime sono fissi nei tuoi pieni di luce”.
Udine 22 aprile 2025
Don Luigi Gloazzo
Parroco di San Clemente
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